Meditare il Mediterraneo
L’arte può essere un fatto sociale e l’opera può diventare un momento per prolungare la memoria e intrecciare riflessioni sull’oggi. La scelta, questa volta, è di segnalare non un solo sito, ma di tracciare un percorso utile per considerazioni riguardanti l’arte e la formazione, possibili luoghi di scambio per creare consapevolezza e coscienza attraverso un metodo, senza lezioni da impartire, che fissa punti di partenza muovendo dall’esperienza e dall’arte.
A seguire, alcune indicazioni di opere che, negli anni, hanno anche dato voce alle 19mila persone – bambini, donne, uomini – morti nel Mare Mediterraneo negli ultimi vent’anni (secondo stime ufficiali, a oggi sarebbero 25mila, senza includere i cosiddetti “naufragi fantasma”).
Nel 2007 Marcella Vanzo racconta in Summertime – video girato tra Lampedusa e Zante – due realtà parallele: nella compresenza di diversi registri narrativi, su alcune imbarcazioni una folla generalizzata e apparentemente spensierata offre i propri volti. Da un lato turisti stanchi e sudati, dall’altro espressioni senza tempo e immobili di migranti stremati, per sguardi senza alcuna possibilità d’incontro. Majd Abdel Hamid, artista siriano, in Cupola del Rock sottolinea, tramite una cupola in scala composta da pillole antidepressive, il senso di profondo disagio provato delle popolazioni costrette a vivere nei luoghi della guerra civile. La ripetizione di gesti quotidiani, nel tentativo di ricreare un luogo accogliente e familiare tra le rovine di una guerra devastante, è il tema di Light Horizon di Randa Maddah [nella foto, uno still dal film], mentre Michelangelo Pistoletto – in una videoconferenza del 2011 per Meditare il Mediterraneo -, parlando dell’opera Il tavolo del Mediterraneo, offre un altro interessante contributo quando evidenzia la necessità dell’incontro e della convivenza, indicando le possibilità dell’arte a riguardo.
Infine, due ulteriori coppie di segnalazioni: una editoriale, per la storia vera di Etenesh, dal Sudan a Lampedusa nel sogno di una vita migliore, in un libro di Paolo Castaldi (edizioni BeccoGiallo); l’altra espositiva, con la mostra Albums-Bande dessinée et immigration. 1913-2013, al Musée de l’Histoire de l’Immigration di Parigi, sul rapporto tra fumetto e immigrazione, con oltre 200 tavole di grandi autori. E ancora: il fondamentale Persepolis di Marjane Satrapi, fumetto diventato film nel 2007, e The Column di Adrian Paci, film visibile nella sua personale al Pac di Milano.
Adele Cappelli
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #16
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