Sky Arte update: allestimento “geografico” per la quarta edizione di Art Stage Singapore, fiera emergente ideata dal papà di Art Basel Miami Lorenzo Rudolf. Che richiama i colossi Perrotin e Lisson. Ma anche un manipolo di italiani…
L’obiettivo è quello di aprire una finestra sulla variegata – anzi: sconfinata – ricchezza della scena asiatica; mettendo in luce tendenze e sensibilità espresse dalle diverse aree del continente. Nasce allora un inedito allestimento per aggregazioni geografiche, che cerca di creare connessioni, flussi visuali in grado di restituire se non l’idea di scuole o percorsi […]
L’obiettivo è quello di aprire una finestra sulla variegata – anzi: sconfinata – ricchezza della scena asiatica; mettendo in luce tendenze e sensibilità espresse dalle diverse aree del continente. Nasce allora un inedito allestimento per aggregazioni geografiche, che cerca di creare connessioni, flussi visuali in grado di restituire se non l’idea di scuole o percorsi omogenei almeno quella di un comune sentire. Quasi uno zeitgeist, fedele al motto di un evento che dichiara orgoglioso We Are Asia. Concept innovativo quello proposto da Lorenzo Rudolf – una lunga militanza alla guida di Art Basel e il merito di essersi inventato il raddoppio su Miami – per la quarta edizione di Art Stage Singapore. Una fiera giovane e pimpante quella si chiude in queste ore, forte di numeri che sono già importanti: oltre centotrenta le gallerie ospiti in rappresentanza di ventotto diversi Paesi, circa seicento gli artisti rappresentati e presentati a un pubblico che le stime indicano attorno alle 40mila unità.
La mappa dell’Asia viene divisa a tavolino in sette grandi aree di interesse – più un’ottava, dedicata all’Australia – affidata ad altrettanti curatori chiamati a costruire, attingendo a quanto offerto dalle gallerie presenti, micro-collettive capaci di fotografare situazioni nazionali o territoriali. Si passa quindi dalla Cina secondo Huang Du agli oltre trenta artisti che compongono il mosaico dedicato al Sud-Est Asiatico; per finire al Giappone, con Mami Kataoka che pesca da Lisson le sculture di Tatsuo Miyajima. Il colosso britannico non è l’unico top-player in fiera: si fanno notare, nella trentina di operatori non asiatici giunti fin quaggiù, anche gli stand di White Cube e Perrotin. E non mancano gli italiani, partendo naturalmente da chi già da tempo ha aperto vetrine in Estremo Oriente. Ecco allora i “cinesi” Primo Marella e Continua; ma anche, da Milano, Officine dell’Immagine.
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