Entra in carica a Milano il comitato scientifico scelto da Filippo Del Corno per dare una linea al PAC: tre mesi di tempo, a titolo gratuito, per immaginare le mostre da qui fino alla fine del 2015
Ha le funzioni che, se si trattasse di governare un Paese, assumerebbe un governo tecnico. O anche quelle che, pensando al mondo del pallone, ricopre l’allenatore che subentra in corso d’opera per sostituire il collega esonerato, provando a rinvigorire l’ambiente e raddrizzare una stagione storta. Non è troppo dritta, e non lo è da tempo, […]
Ha le funzioni che, se si trattasse di governare un Paese, assumerebbe un governo tecnico. O anche quelle che, pensando al mondo del pallone, ricopre l’allenatore che subentra in corso d’opera per sostituire il collega esonerato, provando a rinvigorire l’ambiente e raddrizzare una stagione storta. Non è troppo dritta, e non lo è da tempo, quella del PAC di Milano: bel contenitore per bei contenuti – vedi solo le recenti personali di Adrian Paci, Jeff Wall ed Elad Lassry, ma anche le performance evento di Vanessa Beecroft e Marina Abramović – fatalmente e inesorabilmente lontano, però, dal cuore della città. Ad essere deficitaria sembra essere la strategia, la linea, la progettualità chiamata a definire l’anima e l’indentità di uno spazio espositivo che vive in maniera distrofica ed estemporanea. Senza creare attorno a sé comunità, vivendo solo in occasione delle mostre: quasi si trattasse di un lussuoso e piacevolissimo temporary shop del contemporaneo. Si prova a correre ai ripari, dunque, con la ridefinizione degli assetti gestionali. Entra in carica il comitato scientifico nominato a inizio dicembre dall’assessore alla cultura del Comune di Milano Filippo Del Corno, squadra che vede la conferma della direzione da parte di Domenico Piraina e la nomina di Diego Sileo a conservatore. Con Massimo Torrigiani, già direttore della fiera SH di Shanghai, a coordinare un gruppo di lavoro composto da Ilaria Bonacossa, Davide Quadrio e dalla direttrice del Witte de With di Rotterdam Defne Ayas. Un terzetto giovane e dall’esperienza internazionale, nominato su iniziativa dell’assessorato per determinare che ne sarà del PAC da qui alla fine del 2015. Anno di Expo, ma anche anno di campagna elettorale a Milano, con la primavera del 2016 che vedrà l’assalto a Palazzo Marino. Si naviga a vista allora, senza prendere impegni a lunga scadenza, ma provando almeno a tracciare un abbozzo di rotta. Partendo da una fase interlocutoria della durata di tre mesi, con il comitato scientifico invitato a titolo gratuito a presentare le proprie proposte. Da vagliare, valutare, promuovere o bocciare; soprattutto far collimare con risorse che non sono certo da nababbi; se è vero che ancora nel 2012 il PAC poteva contare su poco più di mezzo milione di euro, 350mila dei quali messi sul piatto proprio dal Comune. Per garantire le attività di uno spazio che, benché in pieno centro città, non eccita le masse: i dati resi noti da Palazzo Marino parlano a spanne di 67mila visitatori nel 2009, 62mila nel 2010, 93mila nel 2011, 112mila tra gennaio e settembre 2012. Quando a tirare non fu però qualche guru del contemporaneo ma la mostra celebrativa per il primo quarto di secolo della Pixar (oltre 80mila biglietti staccati tra novembre 2011 e febbraio dell’anno successivo). Un confronto impari quello con il vero competitor cittadino del PAC: naturalmente l’Hangar Bicocca. Che nei primi dodici mesi gommati Pirelli ha portato 200mila persone nella periferia più anonima della città, benché il dato risulti inevitabilmente viziato (impossibile capire in che misura) dalla gratuità dei suoi eventi. Laggiù però ci sono i privati, ergo i soldi. E dunque un artistic advisor che si chiama Vicente Todolì, un calendario già deciso – presentato a inizio estate – che copre la programmazione fino a fine 2015, con tanto di date degli opening. Qui resta la buona volontà di chi proverà a inventarsi qualcosa, facendo le canoniche nozze con i fichi secchi, presentandosi ai nastri di partenza già con il fiato corto di chi ha poco tempo e poche risorse. In bocca al lupo…
– Francesco Sala
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