Martirologi, omicidi sacrali, infanticidi. Nella Polonia che si riscopre radicale, l’ultima frattura fra ebrei e cristiani si celebra attorno a un dipinto: prima coperto da una tenda, ora finalmente “liberato”
La pittura antiebraica realizzata su commissione è stata raramente redditizia nella storia dell’arte. Tra i primi ad accorgersene Paolo Uccello che ricevette nel Quattrocento la cifra allora irrisoria di 21 bolognini al mese dalla Confraternita del Corpus Domini per realizzare la splendida predella con il Miracolo dell’Ostia profanata, ora alla Galleria Nazionale delle Marche. Non […]
La pittura antiebraica realizzata su commissione è stata raramente redditizia nella storia dell’arte. Tra i primi ad accorgersene Paolo Uccello che ricevette nel Quattrocento la cifra allora irrisoria di 21 bolognini al mese dalla Confraternita del Corpus Domini per realizzare la splendida predella con il Miracolo dell’Ostia profanata, ora alla Galleria Nazionale delle Marche. Non si può neanche affermare che questo tipo di soggetto abbia giovato alla fama di artisti. Si veda il caso di Karol de Prevot, artista di provincia ricordato soprattutto per un raffigurazione dell’omicidio rituale realizzata nel Settecento per la cattedrale di Sandomierz, splendido borgo medievale arroccato su una collina del sud est della Polonia. Del suo nome non vi è quasi neanche traccia nei registri cittadini. Il dipinto di Prevot, parte di un raccapricciante martirologio cristiano ancora conservato nella chiesa, resta una delle poche testimonianze pittoriche del grande bluff dell’uccisione sacrale, calunnia di cui furono vittime anche i primi cristiani.
Qualche caso sporadico di bambini sacrificati per i riti della Pesach avrebbe poi rafforzato tale stereotipo sul continente europeo nei secoli della Controriforma. La committenza ecclesiastica aveva scelto tale soggetto per ricordare i ripetuti episodi di infanticidio che avevano scosso i cittadini di Sandomierz. Per volere dell’allora vescovo di Sandomierz Andrzej Dzięga, l’opera della discordia era stata goffamente occultata al pubblico nel 2006 con una tenda coperta con un ritratto di Papa Giovanni Paolo Secondo. Dal 16 gennaio scorso, il dipinto è di nuovo accessibile ai visitatori grazie agli sforzi diplomatici di una tavola rotonda interconfessionale che ha coinvolto anche noti studiosi di antisemitismo. “Gli ebrei non potevano commettere e non commisero alcun omicidio rituale”, si legge in un pannello informativo che ora accompagna l’opera. Ed è proprio l’aggiunta di questa informazione che ha permesso alla curia locale di incassare il sì della comunità ebraica.
– Giuseppe Sedia
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