Il Festival di Salisburgo ricorda la prima guerra mondiale, a un secolo dall’inizio del conflitto. Katie Mitchell porta in scena un’opera dedicata alla vita di Clara Immerwahr
Per l’Italia e gli italiani “La Grande Guerra” è quella del ’15-18, ma per il resto del mondo il centenario dell’inizio ricorre questa estate, poiché l’invasione della Serbia da parte dell’esercito austro-ungarico scattò nel luglio 1914, seguita dalla ragnatela di trattati di alleanze che ampliarono il conflitto. Il Festival estivo di Salisburgo dedicherà una sezione […]
Per l’Italia e gli italiani “La Grande Guerra” è quella del ’15-18, ma per il resto del mondo il centenario dell’inizio ricorre questa estate, poiché l’invasione della Serbia da parte dell’esercito austro-ungarico scattò nel luglio 1914, seguita dalla ragnatela di trattati di alleanze che ampliarono il conflitto.
Il Festival estivo di Salisburgo dedicherà una sezione multidisciplinare al tema. Per la prosa, alla regista inglese Katie Mitchell è stato appena commissionato l’incarico di mettere in scena il dramma The Forbidden Zone: insolito lo spazio, il teatro ricavato a Perner-Insel Hallein in un reperto di archeologia industriale, a una ventina di chilometri dalla città di Mozart. Katie Mitchell ha chiesto a sua volta a Duncan Macmillan di redigere il testo, interpretato da autori di lingua inglese e tedesca (ciascuno parlerà la propria lingua ma un sistema di sopratitoli renderà il lavoro comprensibile a tutti).
L’ispirazione iniziale era l’autobiografia di Mary Borden, una ricca ereditiera americana che finanziò e diresse un ospedale da campo sul fronte occidentale. Ma nel corso dell’elaborazione del progetto, l’idea iniziale (annunciata alcuni mesi fa) è cambiata. Non più imperniato sulla Borden, lo spettacolo adesso ruota intorno a un’altra figura fenmninle dell’epoca, quella di Clara Immerwahr, scienziato di livello e prima donna a ottenere un dottorato di ricerca a Breslau. La sua carriera è stata in parte oscurata dalla notorietà del marito Fritz Haber, insignito da un Premio Nobel per avere sviluppato fertilizzanti chimici per l’agricoltura, ma anche uno dei principali sostenitori dell’uso del gas Zyklon B nel conflitto bellico: lo stesso gas successivamente utilizzato nei campi di sterminio hitleriani.
Clara, in profondo contrasto con il marito, si suicidò con la pistola di lui dopo la seconda battaglia delle Fiandre. Anche Haber, successivamente, si sarebbe tolto la vita. Nel dramma, è la figlia della coppia – anche lei una scienziata, ebrea come la madre, rifugiatasi in America – a rievocare l’intera vicenda e il coinvolgimento della sua famiglia nella “Grande Guerra” e nel dramma dell’olocausto.
Nell’autunno del 2014 il lavoro sarà anche allo Schaubühne di Berlino.
– Giuseppe Pennisi
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