“A queste condizioni annullo la mostra al Macro”. Lettera aperta dell’artista Vittorio Messina. E affonda anche il deputato Anzaldi: “assessore Barca disarmante. Artisti, occupate il museo!”

L’eventualità che alla crisi direttiva del Macro se ne affianchi presto anche una funzionale (e strutturale, dunque cronica), si fa sempre più concreta, con le scadenze di alcuni contratti del personale e l’avvicinarsi della data del 28 febbraio, quando saranno tutti scaduti e in sostanza il museo si svuoterà (rimarranno i dipendenti comunali, non la […]

L’eventualità che alla crisi direttiva del Macro se ne affianchi presto anche una funzionale (e strutturale, dunque cronica), si fa sempre più concreta, con le scadenze di alcuni contratti del personale e l’avvicinarsi della data del 28 febbraio, quando saranno tutti scaduti e in sostanza il museo si svuoterà (rimarranno i dipendenti comunali, non la quintessenza dell’operatività…). Le lentezze dell’amministrazione capitolina insomma entro una ventina di giorni confliggeranno direttamente con la programmazione stessa del museo, e chi ne farà le spese (oltre al pubblico) saranno gli artisti.
Come si potrà sentire, ad esempio, un artista come Vittorio Messina ad inaugurare la sua mostra in un museo che due giorni dopo l’opening (previsto per il 26 febbraio) rimarrà senza titolari dell’ufficio mostre, senza responsabili della comunicazione e senza una quindicina di professionisti? Con quale spirito allestirà la sua mostra in questi giorni? Con quale voglia, con quali sicurezze, con quale tranquillità mentale necessaria? “Oltre al mio impegno personale”, scrive oggi l’artista in una lettera aperta al Sindaco Ignazio Marino e all’Assessore alla Cultura Flavia Barca, “la mostra ha messo in gioco da mesi numerose risorse umane ed economiche e realtà pubbliche e private, come il Kunstmuseum di Goeppingen col quale è in corso un progetto condiviso”. Con conseguente figuraccia di livello internazionale pressoché certa, insomma. “Prendo atto che prossimamente verrà a mancare l’indispensabile sostegno e collaborazione da parte del personale specializzato del museo e del suo coordinamento tecnico-amministrativo che ha garantito continuità nel corso degli anni, mostrando grande professionalità e competenza”, prosegue Messina riferendosi anche alla mail ed agli sms di addio (a dire il vero molto composti e tutt’altro che polemici) di Maria Bonmassar la quale, a differenza degli altri professionisti incaricati da Zetema per seguire il Macro (in scadenza il 28 febbraio), era già scaduta da qualche settimana. “Intendo perciò manifestarvi la necessità di ricevere garanzie rispetto al futuro del progetto, alla sua realizzabilità e gestione, che richiedono il supporto per me imprescindibile della medesima squadra che mi ha affiancato fino ad oggi con competenza e affidabilità. Senza tali conferme ritengo impossibile portare a compimento il progetto così come era stato concepito inizialmente”. Mostra probabilmente annullata, leggasi. Un artista professionista, insomma, non va a immolarsi in un museo senza guida, senza personale, senza garanzie, senza programmazione, bersagliato dalla stampa locale (Repubblica e Corriere della Sera sono tornate oggi 5 febbraio sulla faccenda dei contratti che Artribune aveva anticipato a fine gennaio). È il minimo.
E se servisse, a certificare l’allarme-Macro arrivano i dati: il museo registra un drastico calo dei visitatori, che scendono del 56%. E l’assessore Flavia Barca risponde annunciando che per tentare il rilancio il Campidoglio pensa ad un dirigente esterno. Una scelta – quella del direttore esterno – tesa a “rilanciare questo spazio sulla scena nazionale e internazionale”. Sono le stesse parole, però, ascoltate a ottobre, poi a novembre e così via. Ogni mese doveva essere quello buono per far ripartire il museo e poi, sistematicamente e magari non per diretta responsabilità dell’assessore (che però ha la colpa di non aver raccontato mai con la dovuta lucidità e trasparenza la sua visione delle cose), si è assistito ad un posticipo.
Chi sembra avere una visione più chiara è l’onorevole Michele Anzaldi, del Partito Democratico, ultimamente molto presente sulle questioni capitoline dell’arte: “Ormai sta diventando un dato riconosciuto a livello internazionale: la Roma del 2014 non ama l’arte contemporanea“, dichiara a proposito delle ultime vicende del Macro. “Il Macro era la nostra piccola Tate Modern, il nostro piccolo Hamburger Banhof, il nostro piccolissimo Centre Pompidou di Parigi”, prosegue Anzaldi. “La mancanza di un direttore da otto mesi e le disarmanti dichiarazioni dell’Assessore alla Cultura che non fanno intravedere alcuna programmazione, lasciano sgomenti e forse, davanti a tanta negligenza ed indolenza l’unica speranza di salvezza per il Macro e per gli appassionati di arte contemporanea potrebbe essere una sorta di ‘before squat’ sull’esempio dell’iniziativa, Squat 59, messa anni fa in campo da un gruppo di giovani artisti parigini, che occuparono un edificio abbandonato nel pieno centro della città’, oggi divenuto ‘after squat’ e trasformato in museo dall’amministrazione parigina“.

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Redazione

Redazione

Artribune è una piattaforma di contenuti e servizi dedicata all’arte e alla cultura contemporanea, nata nel 2011 grazie all’esperienza decennale nel campo dell’editoria, del giornalismo e delle nuove tecnologie.

Scopri di più