Arte e filosofia secondo Boris Groys
Dopo la pubblicazione dell'edizione tedesca nel 2009, è uscito per Mimesis “Introduzione all'antifilosofia”, una selezione di saggi del filosofo e teorico dei media Boris Groys, annoverato tra le cento personalità più influenti dell'arte contemporanea mondiale dalla classifica di “Art Review” del 2013. Stimolati dalla lettura del volume, in cui la riflessione sull'arte contemporanea diventa strumento per indagare e presentare sotto una luce nuova il pensiero di alcuni tra i maggiori filosofi e pensatori - da Heidegger a Benjamin, da Kierkegaard a Jünger, da McLuhan a Derrida, solo per citarne alcuni -, abbiamo chiesto all'autore di rispondere ad alcune domande.
Professor Groys, nei suoi testi parla di anti-filosofia: ce ne può dare una breve definizione? Quale relazione intercorre fra anti-filosofia e anti-arte?
Per molto tempo l’arte è stata considerata una manifestazione dell’idea eterna di Bellezza, mentre la filosofia era considerata una manifestazione della Ragione universale. Ma in seguito l’arte (in quanto anti-arte) ha iniziato a occuparsi di desiderio, sofferenza, distruzione, dinamismo, ma anche di vita quotidiana e noia ordinaria. Ugualmente il discorso filosofico ha cominciato a includere l’élan vital, il desiderio di morte, la noia profonda, l’estasi sacra, le strutture linguistiche, le forze produttive e altre cose simili. Questi sviluppi hanno implicato una critica delle tradizionali nozioni di filosofia e arte, ma hanno anche portato a un ampliamento degli ambiti artistico e filosofico.
Si definirebbe un anti-filosofo?
Sinceramente no. Commento determinati sviluppi in arte e in filosofia, ma non prendo necessariamente posizione all’interno del campo filosofico o artistico.
Che rapporto c’è per lei tra arte e filosofia? Spesso, leggendo i suoi testi, si ha l’impressione che lei non usi la filosofia per spiegare l’arte, ma l’esatto contrario.
Penso che la relazione tra filosofia e arte sia analoga alla relazione tra scienze teoretiche e sperimentali. L’arte prende determinate posizioni filosofiche, ideologiche, politiche, e mostra cosa significhi non solo pensare in accordo a tali posizioni, ma anche vivere con e per mezzo delle medesime. In questo senso l’arte offre lezioni interessanti per il pensiero filosofico.
Che cos’è, secondo lei, la critica d’arte contemporanea? In rapporto all’anti-filosofia, c’è una differenza sostanziale tra filosofia estetica e critica d’arte in senso stretto? È possibile circoscrivere oggi un “campo” della critica d’arte?
Non credo che oggi tutte queste differenze e distinzioni siano davvero rilevanti. Operando in ambito artistico e discorsivo si possono scrivere testi filosofici, teoretici oppure di critica d’arte; si può essere curatori, scrittori o artisti. La scelta del medium e del contesto dipende da quello che si vuole dire e come, e dal destinatario cui si intende rivolgersi.
Quale funzione spetta oggi al critico d’arte e quali obiettivi può e dovrebbe porsi in relazione al sistema dell’arte? La critica d’arte può influenzare il mercato?
No, non penso che la critica d’arte possa influenzare il mercato. E poi l’arte non esiste né funziona esclusivamente nel contesto del mercato. L’arte si insegna nelle università e nelle accademie. Gli artisti mettono in campo specifiche strategie e prendono determinate posizioni politiche e ideologiche all’interno dello spazio pubblico. Qui il discorso artistico, nelle sue varie forme, diventa importante.
E che cosa pensa del ruolo del curatore?
Il ruolo del curatore è senza dubbio cruciale nel mondo dell’arte contemporanea. Al giorno d’oggi, le opere sono esposte principalmente nell’ambito di mostre definite da specifici progetti curatoriali. Dunque, per un artista è importante trovare un curatore che possa essere “un’anima gemella” e viceversa.
Crede possa esistere una storia dell’arte contemporanea? O è un ossimoro?
Sì, certamente può esistere una storia dell’arte contemporanea, così come può esistere il museo di arte contemporanea. L’arte contemporanea accade nel tempo e può quindi essere storicizzata.
Seguendo questa considerazione, quale scopo dovrebbe perseguire un museo di arte contemporanea?
Il museo di arte contemporanea fa sì che l’arte contemporanea accada. L’arte contemporanea non può essere prodotta senza il museo di arte contemporanea. Gli artisti contemporanei realizzano performance, mostre temporanee, allestimenti, installazioni sonore e video ecc. Tutto ciò ha bisogno di un palcoscenico pubblico per essere prodotto e mostrato. La produzione dell’arte contemporanea coincide con l’esposizione dell’arte, ecco perché l’arte è contemporanea.
Secondo lei che cos’è oggi l’Art Power? Non pensa forse che il sistema delle mega-gallerie, dei collezionisti ecc. abbia distrutto la possibilità per l’arte di essere rivoluzionaria?
No, non credo. Le gallerie, i collezionisti ecc. collezionano oggetti d’arte. E va bene così. Ma l’arte rivoluzionaria ha sempre prodotto eventi artistici e questi non si possono collezionare. L’arte non è un fenomeno unitario. L’arte al suo interno è profondamente frammentata.
Che cosa pensa dell’opposizione tra arte impegnata e arte kantianamente disinteressata?
Non credo esista una simile opposizione. Kant si chiedeva che cosa fare dei resti della cultura aristocratica distrutta dalla Rivoluzione francese. Propose perciò non tanto di eliminare, ma semplicemente di defunzionalizzare questa cultura, interpretandone le manifestazioni (chiese, oggetti religiosi, palazzi, status symbol) come forme pure, “neutre”, belle, insomma come arte. Ovviamente un simile suggerimento presuppose determinate scelte politiche: l’accettazione della Rivoluzione francese e dei suoi risultati, l’interesse a consentire l’accesso della borghesia ai residui della cultura aristocratica ecc.
La scena concettuale russa storica quanto influenza la situazione artistica attuale nel Paese e qual è la sua opinione sui recenti fatti di censura di cui le Pussy Riot sono forse l’esempio più clamoroso?
Gli artisti russi contemporanei considerano gli artisti del Concettualismo moscovita come la generazione dei loro padri, ossia con un misto di rispetto e complesso edipico. Oggi le politiche culturali russe ufficiali diventano sempre più conservatrici e restrittive. Sì, la saga delle Pussy Riot è un buon esempio di questo andazzo.
Veronica Liotti e Marco Enrico Giacomelli
traduzione di Veronica Liotti
Boris Groys – Introduzione all’antifilosofia
Mimesis, Milano 2013
Pagg. 214, € 16
ISBN 9788857511054
http://www.mimesisedizioni.it/
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #17
Abbonati ad Artribune Magazine
Acquista la tua inserzione sul prossimo Artribune
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati