Caro Ministro Franceschini, la cultura è cosa seria. Ma noi chiediamo un game-endorsement. Lettera aperta
Irene Sanesi è presidente della commissione “Economia della cultura” dell’Ungdcec, l’Unione Nazionale Giovani Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili. Insieme firmano questa lettera aperta al ministro Dario Franceschini, su temi pratici, semplici, di visione.
In questa crisi globale che, prima di essere crisi economica e finanziaria, è crisi di valori, le persone marcheranno le differenze: capitale umano e welfare culturale stanno in un rapporto consequenziale.
L’Italia ha un disperato bisogno di infrastrutture capaci di modernizzare il Paese e renderlo più competitivo nel palinsesto internazionale. Allo stesso tempo vi è un patrimonio particolare (culturale, antropizzato, rurale) che nel suo continuum ha reso lo Stivale unico al mondo.
Si tratta in altre parole di riappropriarsi del rapporto autentico fra cultura ed economia, nato in Italia con il mecenatismo, quando si sostenevano direttamente gli artisti e il rapporto fra committenza e arte era strettissimo.
Tutela, conservazione, promozione, valorizzazione della cultura, da sole, non bastano più. È necessaria una nuova stagione di gestione intelligente e una fattiva cooperazione tra le persone, gli istituti, le amministrazioni pubbliche e private, i professionisti, le imprese. Infatti, senza il governo dell’insieme di comportamenti, di operazioni e di fatti attraverso i quali ogni stabile intrapresa si esprime nell’esistente e nelle sue prospettive, non si darebbero né promozione né tutela.
Caro Ministro, per questo ti chiediamo di riflettere sul gioco di parole (game-endorsement) in termini di:
G – Governance
Il futuro delle istituzioni culturali dipenderà anche dalle donne e dagli uomini al timone. Una vera e propria emergenza in Italia è la revisione delle logiche di nomina, a cominciare dai CdA e dagli organi di controllo, che non possono essere considerati o percepiti come centri di potere/interesse, ma come luoghi dove persone capaci, preparate e motivate siano in grado di guidare l’istituzione culturale, improntando il loro ruolo a criteri di trasparenza, creazione di valore, economicità.
A – Accountability
Nelle prossime generazioni il vero analfabeta culturale sarà colui che è incapace di capire un bilancio? “Rendere conto con trasparenza” come nuova moneta culturale, attivando e implementando logiche di restituzione fondate sul bilancio economico (e non solo finanziario), vero strumento che consente di misurare lo stato di salute e le prospettive dell’istituzione culturale e su indicatori di valore qualitativo (Standard, VAC – Valore Aggiunto Culturale, Intangibili).
M – Management
Capita spesso di utilizzare la parola management, come del resto accade oggi trattando della gestione delle risorse. In realtà, l’accezione del verbo “to manage” (da manus: opera, azione, impresa) deve essere colta anche per quanto attiene la gestione della conoscenza: “Non esistono risorse senza conoscenza. È strategico il come orientare e usare la nostra acquisizione di conoscenza”. Dalla specializzazione a una formazione multidisciplinare per acquisire la “visione d’insieme” e gestire la complessità.
E – Exemption (leva fiscale)
Oggi possiamo parlare di norme liquide, parcellizzate e sparse ovunque: dal codice civile al testo unico delle imposte sui redditi, al testo unico beni culturali, alle norme sul diritto d’autore, diritto di seguito, normativa antiriciclaggio ecc. È necessario inquadrare e razionalizzare, una volta per tutte, il tema della fiscalità per la cultura. C’è un’emergenza per la deducibilità e detraibilità degli attuali strumenti, in particolare le sponsorizzazioni (che alcune sentenze dei Giudici di Cassazione stanno assimilando alle spese di rappresentanza), la franchigia e il tetto per le liberalità delle persone fisiche, la membership ancora non deducibile, la mancanza dei regolamenti attuativi del Decreto Valore Cultura.
Le istituzioni culturali oggi hanno identità dinamiche, sono sistemi aperti e complessi (cumplexus: ciò che è intrecciato) che non possono essere “zippati”: per osservarli e comprenderli dobbiamo coglierne i processi e le dinamiche, e forse dobbiamo farlo con occhi e strumenti nuovi. Fondamentale sarà investire sulle istituzioni-pivot (i finalizzatori del gioco della pallacanestro) affinché si inneschi quel circolo virtuoso di innovazione-imitazione e si crei un effetto Beaubourg o Guggenheim “all’italiana”, basato non su grandi cattedrali ma su arcipelaghi culturali dove musei, teatri, archivi, biblioteche hanno una dimensione sempre più sociale, sono luoghi pubblici al servizio delle comunità, producono e comunicano saperi, cultura, creatività. Ricoprono un ruolo come agenzie per la mediazione culturale, il dialogo interculturale, la coesione sociale. Sono palestre di pensiero: aprono le menti e aiutano a comunicare con il mondo (ICOM, 2012).
Per questo è irrinunciabile fare sul serio. Perché con la cultura si gioca, ma non si scherza.
I nostri migliori auguri di buon lavoro.
Irene Sanesi
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