Ci vediamo a Vienna. Luca Lo Pinto è il nuovo curatore della Kunsthalle
Ha fondato una rivista, pubblicato libri, curato mostre dal carattere “ibrido”, ma per Luca Lo Pinto era arrivato il momento di lasciare i panni del freelance per lavorare in un’istituzione. È lui il nuovo curatore della Kunsthalle Wien. La scorsa estate ha risposto per la prima volta a un bando pubblicato online. L’ha vinto, raccontando il suo modo di lavorare, le sue esperienze precedenti e i suoi interessi. L’importante, ci racconta, è provare sempre a fare ciò che si desidera.
Sei stato appena nominato curatore della Kunsthalle Wien con un contratto di due anni. Che cosa ti ha spinto a partecipare alla selezione?
Il desiderio di fare un’esperienza all’interno di un’istituzione, dopo aver lavorato per anni come freelance. La Kunsthalle mi è sembrata il posto giusto dove sperimentare una nuova esperienza professionale.
Possiamo tranquillizzare tutti i curatori in cerca di occupazione che rispondere a un annuncio pubblicato online è un buon canale?
Sono la persona meno adatta a rispondere a questa domanda, perché è la prima volta che rispondo a un’application. In generale credo sia importante sempre provare a fare ciò che uno desidera.
Il bando era piuttosto generico. In sintesi cercavano un curatore con un minimo di tre anni di esperienza, con un network internazionale, che avesse conoscenze in ambito amministrativo ed esperienza nel settore pubblico e privato. Non era richiesto di presentare alcun progetto, bensì il curriculum vitae e una lettera d’accompagnamento. Ti va di raccontarmi com’è andata? Quali sono state le fasi della selezione e come sei riuscito a convincere il direttore Nicolaus Schafhausen, alla guida dell’istituzione viennese da due anni?
Nulla di speciale. Ho semplicemente spiegato come lavoro, i miei interessi e i progetti a cui ho lavorato negli ultimi anni.
Sei un curatore sui generis. Spesso nei tuoi progetti cerchi di abbracciare e indagare più discipline per dar vita a qualcosa di ibrido. Sei editor di Nero, una pubblicazione sulla cultura contemporanea dall’impronta a-temporale che ha rotto in qualche modo gli “schemi” delle riviste d’arte. Hai anche curato alcuni libri d’artista. Pensi che questo tuo approccio multidisciplinare ti abbia favorito, considerando che il programma della Kunsthalle è sempre in dialogo con svariate discipline come il teatro, la filosofia, la sociologia?
Forse sì. Il modo in cui Nicolaus concepisce la Kunsthalle è sicuramente meno autoreferenziale rispetto ad altre istituzioni. Ha una visione più aperta che coinvolge anche altre discipline, senza per questo aspirare a un’idea di mera interdisciplinarietà.
Hai avuto diverse esperienze a livello internazionale. Penso ad esempio alla mostra Antigrazioso al Palais de Tokyo di Parigi. Quali ritieni siano state più formative nel tuo percorso e abbiano contribuito a favorire la tua candidatura?
Sicuramente ho una formazione ibrida. Ho fondato una rivista, ho pubblicato libri, concepito mostre seguendo una visione forse non così definita agli occhi esterni, ma per me molto chiara. In generale mi piace sperimentare giustapponendo ingredienti diversi per vedere cosa può venir fuori. Sono il primo spettatore di ciò che faccio e cerco di fare in modo di non annoiarmi.
Ti occuperai di un ambito di ricerca preciso? Ad esempio la musica o il teatro?
Non credo che né da parte mia né da parte di Schafhausen ci sia la volontà di delimitare troppo il campo d’azione.
Quale sarà il tuo ruolo? Firmerai progetti curatoriali o affiancherai il direttore lavorando su mostre temporanee già in programma?
La priorità è offrire il mio contributo a rafforzare l’identità e il programma della Kunsthalle. La prima mostra alla quale sto lavorando inaugurerà a febbraio del prossimo anno.
Daniele Perra
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