Parte Miart 2014. La prova del fuoco
Dopo il numero zero, il direttore Vincenzo De Bellis è chiamato a dare continuità al suo progetto di rilancio della fiera milanese: ecco cosa aspettarsi dalla “sua” Miart edizione 2014. E da una città che, per l’occasione, tira fuori quest’anno decisamente l’abito della festa.
Per cambiare le carte in tavola in modo radicale, subitaneo e repentino, una rivoluzione non può che essere cruenta. Deve scorrere il sangue, devono rotolare le teste. La ponderazione richiede tempi di decantazione più lunghi e, dunque, la pazienza di chi sceglie di lasciare oggi l’uovo sotto la lampada pregustando semmai il pollo di domani.
L’edizione 2013 del Miart a firma Vincenzo De Bellis è andata in archivio avvolta in un doveroso ottimismo: figlio dei primi segnali di cambiamento nella formula di una fiera che ha scelto di accentuare il carattere cosmopolita di Milano (che di internazionale ha una antica vocazione, non solo una squadra di calcio); e al tempo stesso di provare a esaltarne la complessità, provando a trasformare l’occasione per una vetrina di creatività in senso lato. Tentativi condotti con cauto coraggio, senza strepiti o fuochi d’artificio; abbozzi di un progetto sembrato organico, maturo, sensato ma in certe declinazioni – vedi in modo particolare l’apertura al design – ampiamente migliorabile.
Il prossimo 28 marzo si alza il sipario sulla seconda avventura della squadra guidata da De Bellis: con la sensazione che il tempo degli esperimenti debba necessariamente considerarsi esaurito. Niente più effetto novità, niente più empatia da “largo ai giovani”. Da questo giro in poi si fa sul serio: la rivoluzione gentile avviata lo scorso anno deve compiere il passo decisivo, diventare format con un’identità netta e precisa. Ed è per questo che le attese, se possibile, superano quelle sviluppate lo scorso anno. È per questo, insomma, che De Bellis e i suoi rischiano, se non tutto, certo molto.
La sfera di cristallo è avara di previsioni, ma frugando tra le anticipazioni del programma non è difficile individuare segnali di buoni presupposti. Partendo dalla sezione più “curata” e “museale” della fiera, quella THENnow che, modulando l’esperienza di Artissima, vede artisti di ultima generazione accostati a nomi che hanno fatto la Storia. In senso letterale: lo dimostra il doveroso ma non banale omaggio a Carla Accardi (avvicinata a Nicolas Party) e l’eretico valzer che unisce Mario Schifano a Cory Arcangel; passando per il duo Jimmie Durham – Luca Francesconi fino al confronto tra Giuseppe Uncini e Matias Faldbakken. Il profilo alto contraddistingue anche il nome dei giurati che determineranno le acquisizioni da parte dell’ente Fiera e che assegneranno il premio Emergent alla migliore galleria “di prospettiva”: non può che fare bene il confronto con i vari Beatrix Ruf, Martin Clark e Bart Van der Heide, direttori di spazi tra i più seducenti d’Europa.
L’allure internazionale di Milano si esalta nella definizione di un programma di talk, quello disegnato da Alessandro Rabottini, dove non mancano ospiti di livello assoluto. Tanti i collezionisti top che accettano di condividere la propria visione dell’arte: come il messicano César Cervantes (a tu per tu con la curatrice della Fondazione Jumex Magalí Arriola) e come gli americani Thea ed Ethan Wagner; per parlare di design ecco arrivare la prima firma dell’Herald Tribune Alice Rawsthorn, mentre si annuncia memorabile il confronto generazionale tra Alessandro Mendini e il duo Formafantasma. Firma che ha abbandonato l’Italia per entrare nelle collezioni del Vitra Design Museum e del MoMA…
Conforta la volontà di fare sistema espressa dalla città, che lavora in modo forse mai così efficace nel vendersi come effettiva capitale italiana del contemporaneo. Si chiama The Spring Awakening il programma di mostre ed eventi che fa da corollario a Miart, ma – ironia della sorte – vede il suo momento clou andare in scena dal tramonto all’alba. Appuntamento dalle 22 alle 6 del mattino per la tre giorni di proiezioni che, dal 28 al 30 marzo, vede Massimiliano Gioni animare lo storico Planetario Hoepli. Siamo nel solco che la Fondazione Trussardi ha tracciato nell’accendere grazie all’arte frammenti sopiti di città: in scena opere video di Stan VanDerBeek, Jeronimo Voss e Katie Paterson, tutte modulate in modo specifico per l’eccentrica location.
Anche gli altri spazi pubblici cittadini tirano fuori i pezzi da novanta: si passa così dal pienone per la performance che lunedì 24 ha accompagnato l’opening della personale di Regina José Galindo al PAC ai vicini di casa della Galleria d’Arte Moderna, ospiti delle carte della collezione UBS selezionate da Francesco Bonami; fino alla grande retrospettiva di Cildo Meireles all’Hangar Bicocca e alla – finalmente! – doverosa mostra omaggio di Palazzo Reale per Piero Manzoni.
Se musei e kunsthalle si danno da fare, le gallerie private non sono da meno: via Stilicone si autodetermina nuovo distretto dell’arte, con la opening night che celebra David Lamelas da Lia Rumma, Uri Aran da Peep-Hole e Cathy Wilkes chez Mousse; performance in vista venerdì 28 per Michael Fliri, ospite di Raffaella Cortese; Lisson presenta invece per la prima volta a Milano Ceal Floyer. Fiera chiama fiera, e così ecco Step Art Fair – fiera a latere – prendere posto in stretta concomitanza con Miart, negli spazi della Fabbrica del Vapore.
E dopo cena, per chi non andrà alle proiezioni della Fondazione Trussardi sopra menzionate, ecco le feste in una Milano che quest’anno prova a risvegliarsi con lo sguardo all’orizzonte del 2015: quella di Mousse all’Acquario, quella di Nero, quella che tante gallerie coalizzate hanno organizzato alla Sala Venezia o la serata di Miart in corso Magenta. Insomma, forse, ci sarà anche da divertirsi…
Francesco Sala
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