Quelle diciottomila parole di El Greco. Il Museo del Prado celebra il quarto centenario della morte del pittore con una mostra dedicata alla sua biblioteca
El Greco visto attraverso le sue letture. Il Museo del Prado partecipa agli eventi per il quarto centenario della morte del celebre pittore cretese (1541-1614) con una piccola ma significativa mostra dedicata a La biblioteca del Greco, un’autentica chicca per appassionati d’arte e di libri antichi. Fu infatti il figlio del pittore, Jorge Manuel, a […]
El Greco visto attraverso le sue letture. Il Museo del Prado partecipa agli eventi per il quarto centenario della morte del celebre pittore cretese (1541-1614) con una piccola ma significativa mostra dedicata a La biblioteca del Greco, un’autentica chicca per appassionati d’arte e di libri antichi. Fu infatti il figlio del pittore, Jorge Manuel, a stilare ben due inventari degli oggetti appartenuti a suo padre nel 1614 e nel 1621, tra cui circa 130 volumi i cui titoli oggi sono in grado di svelarci molto della complessa personalità e dei gusti dell’artista.
Domenico Theotocopuli leggeva di tutto, dalla matematica ai decreti del Concilio di Trento; leggeva in greco, la cultura natia di cui era orgoglioso, e in italiano, la lingua del paese dove si formò artisticamente e intellettualmente. Possedeva tre opere di Aristotele e nessuna di Platone, non conosceva il latino (da cui la sua natura di autodidatta) e dominava poco lo spagnolo, malgrado avesse vissuto 37 anni a Toledo. Conosceva i testi classici dell’antichità – Omero, Senofonte e Plutarco – e i classici della modernità, come Petrarca, Ariosto, Tasso e Guicciardini; ma soprattutto si interessava di arte e di architettura, leggeva le “Vite” del Vasari e consultava i trattati di Vitruvio, Serlio, Palladio, Vignola e Lomazzo. Pare infatti che El Greco volesse scrivere, o avesse scritto un proprio trattato di architettura come forma d’arte globale, insieme alla pittura e scultura, e le cui teorie sperimentava direttamente nella progettazione dei “retablos”, le pale d’altare che realizzò in Spagna.
Oltre agli splendidi capolavori, del Greco ci restano dunque oggi 18mila parole, annotazioni personali, scritte qua e là a margine dei suoi libri. Scopriamo così che ammirava Tintoretto e i maestri della Scuola veneziana del colore e disprezzava Michelangelo, e in generale gli artisti della scuola fiorentina del disegno; che considerava la pittura forma d’arte autonoma e la concepiva come scienza speculativa, in grado di esplorare le meraviglie della realtà, ma anche di svelare l’invisibile, il trascendente.
L’allestimento curato da Javier Docampo e da José Riello ruota intorno all’originale dei due inventari del figlio, per ricostruire le radici teoriche e letterarie della pittura del Greco. Dei 39 preziosissimi volumi in mostra (tutti risalenti al XVI secolo), solo 4 furono certamente di proprietà del maestro: un’edizione del Trattato di archittettura di Vitruvio (Biblioteca Nazionale di Madrid) nella versione di Daniele Barbaro del 1556, con note a margine dello stesso Greco, è consultabile anche in versione digitale; il Primo libro del Serlio (Venezia 1566), un’opera di Senofonte e un testo di Appiano Alessandrino.
Oltre ai libri, alcune stampe dell’epoca – fra le 200 citate negli inventari, quasi tutte di Cornelius Cort e probabili fonti visive per l’artista – e cinque autentici gioielli pittorici stabiliscono un dialogo sottile e profondo con le opere della sua biblioteca. Da non perdere una versione del “Soplòn” di collezione privata, l’enigmatica tela “Una fabula”, celebre per presenza in primo piano di una scimmia, e la minuscola ma straordinaria “Annunciazione” del Prado, che sulla sfondo mostra un paesaggio architettonico evidentemente ispirato ai disegni del Serlio.
– Federica Lonati
Fino al 29 giugno 2014
Museo del Prado – Madrid
www.museodelprado.es
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