Alberto Giacometti a confronto con la Galleria Borghese
Galleria Borghese, Roma - fino al 25 maggio 2014. La mostra “Giacometti. La Scultura” è l’interpretazione statuaria della tragicità moderna che si scontra con l’equilibrio del passato. Ardita operazione artistica, intessuta alla collezione permanente della Galleria Borghese. Con accostamenti a volte forzati.
Inserito in un contesto da vertigini stendhaliane – non chiacchierate quanto quelle di Olivera agli Uffizi – il percorso espositivo, curato per includere Alberto Giacometti (Borgonovo, 1901 – Chur, 1966), si apre ricostruendo nella hall la mostra alla Chase Manhattan Plaza. Questa è l’unica sala dove predominano l’onirico e il surreale giacomettiani, tra ombre e indefinite silhouette, che sconvolgono per l’imponenza e la monumentalità della produzione matura: vale da sola l’intero biglietto.
Poi è il dispiegarsi di una serie di giustapposizioni artistiche, a partire dalla Paolina Borghese che guarda alla lezione cubista della Testa che osserva. Nella Sala del David, a Bernini che aveva esaltato la salda figura e l’azione dell’eroe, lo scultore svizzero risponde con l’instabilità e la passività de L’uomo che vacilla. Nella Sala degli Imperatori il frammento diventa scultura ne La mano, le cui superfici si frastagliano nei corrugamenti del bronzo. Percepite nel loro sottrarsi alla visione dell’altro, ne testimoniano la fenomenologia: non vedremo meglio una scultura di Giacometti avvicinandola fisicamente, è intellegibile.
Accanto ai busti romani serpeggia un senso di morte, quello delle opere del 1934, legate alla scomparsa del padre: Cubo, scultura astratta ispirata da Dürer; e Oggetto invisibile, monumento funebre dall’estetica egizia, la cui fascinazione è rimandata all’omonima Sala. Collocata nella Sala dell’Ermafrodito, la dicotomica Donna cucchiaio è la riappropriazione moderna del feticcio quale idolo della fertilità, ma l’ambivalenza del grembo concavo riflette la frustrazione sessuale dell’Ermafrodito. La Sala di Enea e Anchise ospita il memorandum dell’assassinio di Gabriel Péri: il primo Uomo che cammina (1946), la cui esitazione è emblema di una poetica soggettiva e precaria. La drammaticità espressiva dell’inafferrabile, dell’incorporeo rappresenta il cardine del dibattito scultoreo con la magniloquenza classica.
Giacometti ha nobilitato l’effimero nel pieno del crollo moderno, identificando l’uomo del XX secolo in una nuova concezione plastica: “La grazia inaudita di sembrare perituri. Mai la materia fu meno eterna, più fragile, più vicina ad essere umana” (Sartre).
Rossella Della Vecchia
Roma // fino al 25 maggio 2014
Giacometti . La scultura
a cura di Anna Coliva e Christian Klemm
GALLERIA BORGHESE
Piazzale del Museo Borghese 5
06 8413979
www.galleriaborghese.it
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