Oslo può vantare una scena artistica piuttosto interessante, diversa dalle altre capitali europee, grazie a diversi spazi espositivi non-profit che hanno segnato la storia dell’arte norvegese. Tra questi ricordiamo l’Office for Contemporary Art (OCA), la Kunsthall Oslo e Kunstnernes Hus. Quest’ultima, che in italiano potremmo tradurre come “la casa degli artisti”, è attiva dal 1930 e ha un forte valore identitario per gli artisti norvegesi, così come la UKS (unione dei giovani artisti norvegesi), fondata nel 1921, il cui obiettivo principale è quello di tutelare i diritti degli artisti, non solo a livello giuridico ma anche sociale. Nel periodo tra le due guerre, ad esempio, il programma “art for goods” permetteva ai membri dell’unione di barattare le loro opere con beni, cibo o servizi, e in caso di necessità, cure mediche. Era attiva anche una banca che faceva prestiti agevolati agli artisti. Sebbene non esista una dettagliata storiografia riguardante le vicende del collettivo – i membri non hanno pubblicato statement o manifesti riguardanti le loro pratiche artistiche – alcune scelte, come il proposito di boicottare lo stato di Israele, mostrano la loro consapevolezza e il loro posizionamento politico.
Office for Contemporary Art è una fondazione creata dal Ministero della Cultura e dal Ministero degli Affari Esteri Norvegesi nel 2001 per sostenere la produzione artistica e facilitare lo scambio fra istituzioni locali e internazionali. Oltre a un programma di residenze, l’ente offre supporto finanziario per permettere a istituzioni internazionali di invitare artisti, curatori e critici attivi in Norvegia. “Nel nostro spazio organizziamo mostre, ospitiamo talk e screening, residenze per artisti, come è accaduto con la residenza e la retrospettiva del regista inglese Peter Watkins, e la serie di lectures ‘Fashion: the Fall of an Industry’, ‘riguardanti il declino dell’industria tessile norvegese negli Anni Settanta”, puntualizza Antonio Cataldo, Senior Programme Coordinator.
Gli artist run space, spazi autogestiti dagli artisti emersi negli ultimi anni in location piuttosto interessanti, come 1857, Pink Cube e No Place, sono attivi nella presentazione della scena emergente, ma non mancano gallerie commerciali come VI, VII diretta dalla newyorkese Esperanza Rosales, o Melk, dedicata alla fotografia.
Dallo scorso settembre le opere installate a Ekebergparken hanno arricchito ulteriormente la scena artistica di Oslo con una diversa proposta culturale, promossa e finanziata da Christian Ringnes. Collezionista e filantropo, Ringnes ha trasferito parte della sua collezione in un parco pubblico risalente alla fine dell’Ottocento, situato in una zona residenziale della città che si trova non lontano dalla straordinaria Opera House. Una collezione importante che raccoglie sculture di Pierre-Auguste Renoir, Auguste Rodin, Aristide Maillol, Salvador Dalí, Jenny Holzer, Louise Bourgeois, Dan Graham, Lynn Chadwick, Sarah Sze, Tony Cragg, Richard Hudson. Oltre alle opere già in collezione, Ringnes ne ha commissionate 31 site-specific, realizzate per Ekebergparken da James Turrell, Tony Oursler, Ann-Sofi Siden e Marina Abramovic. E non è finita: ogni anno, per i prossimi cinquant’anni, si aggiungerà una nuova opera, fino ad arrivare a un totale di 80 lavori. L’iniziativa è frutto di una joint-venture tra il comune di Oslo e il capitale privato della C. Ludens Ringnes Foundation, presieduta da Ringnes e fondata nel 2003, che ha investito più di 38 milioni di euro nel progetto.
Il parco, come afferma Ringnes “non intende competere con lo storico VigelandPark, fondato dall’artista Gustav Vigeland negli anni Quaranta, ma vuole essere un parco per tutti i cittadini di Oslo, non necessariamente per gli addetti ai lavori. Per questo motivo è stato ristrutturato anche lo chalet che ospita il museo storico presente nel parco, e forniti altri servizi, come una caffeteria e un ristorante”. Nonostante il parco prima dell’inaugurazione fosse frequentato principalmente dai residenti di quell’area di Oslo, è in realtà un luogo ricco di storia, ha reperti archeologici risalenti all’età del ferro e ospita il cimitero dei tedeschi, che avevano invaso la Norvegia durante il secondo conflitto mondiale, un hot spot che Ringnes ha preservato e ristrutturato.
Già nei giorni successivi all’inaugurazione alcune opere sono state vandalizzate. Il parco, aperto 24 ore al giorno, è infatti vulnerabile ad azioni di questo tipo, nonostante sia presente un servizio di sicurezza. Il parco è stato progettato in modo da essere visitato anche nelle ore notturne. L’installazione di James Turrell, Ekeberg Skyspace, 2010-2013, ad esempio, è nascosta all’interno di un lago artificiale e pur comunicando con l’esterno, crea effetti percettivi che si evidenziano meglio all’alba o al tramonto. Tony Oursler, così come Jenny Holzer, sembrano invece cercare forme linguistiche arcaiche. In una grotta Oursler ha composto un dialogo tra immagini contemporanee e segni luminosi che sembrano provenire da un pianeta del futuro, per creare un collegamento tra le immagini satellitari presenti nel nostro mediascape e la memoria storica presente nella roccia che compone la grotta. In The Couple, l’installazione della Bourgeois, colpisce invece la diversa morfologia anatomica dei corpi, che, noncuranti delle leggi fisiche che governano il creato, sembrano lievitare nello spazio, sospesi tra alberi centenari.
Lorenza Pignatti
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