A scuola da Marinella Senatore
La 18esima lettera di Maria Rosa Sossai è indirizzata a Marinella Senatore, fondatrice della School of Narrative Dance.
Cara Marinella,
la tua decisione di fondare nel 2013 la School of Narrative Dance dimostra come sia possibile occuparsi di formazione ed educazione in modo creativo e come la tua attività di artista sia strettamente connessa a un’idea di impegno sociale e civile.
Proverò a elencare alcune caratteristiche che rendono questa scuola un modello di riferimento nel panorama attuale: nomadismo e flessibilità, che si traducono in adattabilità a diversi contesti; principio di gratuità come garanzia di accesso libero a chiunque desideri mettere a disposizione degli altri le proprie competenze; scambio tra varie discipline in modo che il sapere non sia diviso in compartimenti separati ma un patrimonio unico da condividere. Il dialogo accompagna ogni atto formativo, mentre l’orizzontalità delle relazioni e dei ruoli impedisce che il sapere si trasformi in esercizio di potere. La circolarità delle conoscenze e i cambiamenti che si operano nelle menti di chi le esercita danno come risultato comportamenti nuovi e in alcuni casi imprevedibili.
Trovo significativo il fatto che la School of Narrative Dance offra la possibilità di narrare storie attraverso il linguaggio del corpo, che è per antonomasia universale, al di là delle lingue nazionali, dei valori stabiliti, delle ritrosie psicologiche e dei pregiudizi culturali. Ecco perché la scuola è nata in collaborazione con un gruppo teatrale, l’ESPZ di Berlino (Elisa Zucchetti e Nandhan Molinaro). Sebbene sia attiva solo da un anno, la scuola ha già creato una rete di collaborazioni internazionali, con un costante scambio dei ruoli, da alunni a docenti e viceversa, e di interessi in ambiti diversi (letteratura, storia orale, carpenteria, storia dell’arte, fotografia, aritmetica, luci, linguaggio cinematografico, scrittura creativa, sport ecc.).
I gruppi che partecipano sono estremamente vari: attivisti, cori femministi, gruppi pacifisti, dilettanti, studenti, precari, cittadini, tutti accomunati dalla volontà di scambiare gratuitamente competenze e saperi. Gli esiti sono sempre legati ad azioni concrete e visibili: parate, pièce teatrali, brevi film legati alla danza.
Uno dei primi lavori prodotti dalla School of Narrative Dance a Cagliari è stato Piccolo Caos, sull’autoformazione di artigiani, insegnanti, dilettanti, in specifici contesti quali sessioni di danza, set cinematografici, stazioni radiofoniche. Ecco, la tua scuola elimina le divisioni tra il linguaggio, le azioni e il pensiero, rivolgendosi a ciò che ci accomuna e a ciò che è condiviso da tutti, piuttosto che a quello che ci separa. Riconosce che il sentimento che unisce tutti noi esseri umani è il desiderio di essere accettati e valorizzati per quello che siamo, aiutandoci a diventare attenti e consapevoli.
Infine, mi sembra che la tua scuola si sia assunta il compito di indirizzare le istituzioni culturali con le quali collabora verso un modello di partecipazione attiva, in modo da non tenere separato chi crea da chi fruisce della creazione.
Maria Rosa Sossai
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #18
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