Don Milani pittore: al Diocesano di Milano le opere del prete di Barbiana, che studiò a Brera e ritrasse Oreste Del Buono
Riesce a trasmettere l’emozione vibrante, la frenesia entusiastica di chi si lascia trasportare dall’empatia. È lo stralcio di una lettera scritta da don Lorenzo Milani alla madre, tra gli apparati della mostra che svela a Milano l’attività di pittore del prete di Barbiana, testimonianza che ricorda le lezioni di pittura tenute dal sacerdote ai suoi […]
Riesce a trasmettere l’emozione vibrante, la frenesia entusiastica di chi si lascia trasportare dall’empatia. È lo stralcio di una lettera scritta da don Lorenzo Milani alla madre, tra gli apparati della mostra che svela a Milano l’attività di pittore del prete di Barbiana, testimonianza che ricorda le lezioni di pittura tenute dal sacerdote ai suoi ragazzi. “Abbiamo scoperto una maniera economica di fare i colori abbondanti” si legge, “sodi come quelli a olio e che non sporcano i vestiti”; e ancora “ti scrivo dal piazzale dove oggi pare d’essere all’Accademia […] Mi interrompono di continuo per farmi vedere i loro quadri e non mi riesce di scrivere in ordine”. L’energia di Milani, dirompente e contagiosa, esplode in queste frasi e nelle tele che raccontano il biennio passato tra i banchi dell’Accademia di Brera: nella cornice del Museo Diocesano viene esposto per la prima volta in modo così ampio e articolato il corpus di lavori realizzato dal giovane studente tra il 1941 e il 1943 nella classe di Achille Funi, prima che le strade della vita e i sentieri tortuosi della guerra lo riportassero nella natia Toscana. Prima della scelta di prendere i voti e di appendere il pennello al chiodo, salvo rispolverarlo in occasione delle epiche lezioni alla scuola popolare da lui fondata nel cuore del Mugello. La passione del sacerdote per l’arte era nota e documentata, non si era però ancora scavato con tanta accuratezza nel suo passato di pittore; scovando nelle carte della famiglia e in diverse collezioni private decine di disegni e bozzetti – dalle prove dal vero fino alle copie delle figure della Cappella Sistina – oltre a diversi oli su tela. Spesso paesaggi, rarefatti in una tavolozza quasi diafana e nella definizione di volumi che guardano all’ultimo Renoir; a volte ritratti. Come quello, senza nome, in cui si riconoscono i lineamenti l’amico Oreste Del Buono.
– Francesco Sala
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