Borgiotti e il genio della macchia
L’ambientazione è perfetta: un villino in stile Liberty su cui spiccano le decorazioni in ceramica con disegni della bottega di Galileo Chini. È qui che l’Istituto Matteucci ha aperto nel 2009 il suo Centro per l’Arte Moderna, dove questa estate si celebra il “Genio dei Macchiaioli”. A Viareggio, fino al 13 novembre.
Dopo la mostra Da Fattori a Casorati. Capolavori della collezione Ojetti (2010), il Centro Matteucci di Viareggio, con la curatrice Elisabetta Palminteri Matteucci, rinnova l’impegno di esplorare l’arte moderna riportando alla luce l’attività di conoscitori e collezionisti di rilievo. Questa volta è protagonista la figura del livornese Mario Borgiotti (1906-1977). Figlio di operai, si avvicina all’arte da autodidatta, formandosi prima come pittore, poi conoscitore, divulgatore e infine collezionista, fino a diventare un punto di riferimento imprescindibile per la pittura toscana di area macchiaiola.
Se nell’opera critica di Borgiotti Genio dei macchiaioli (1964), considerata la più ambiziosa fra tutte le sue pubblicazioni, egli metteva in luce l’inedita capacità di quegli artisti “di vedere e di scrutare gli aspetti profondi del mondo con occhi avvivati dalla luce dell’anima”, con una tecnica nuova e interpretando la natura come mai prima, i curatori della mostra giocano anche sulla genialità, misto di alto senso estetico e “occhio” attento, di questo “marchand-amateur”.
I riferimenti alla bibliografia di Borgiotti accompagnano tutto il percorso espositivo, costituito da capolavori come La scolarina, Maremma, Libecciata a Castiglioncello, Lo staffato, Arresto di briganti, del tanto amato Giovanni Fattori. E poi Le rose della primavera di Silvestro Lega, Il Ponte Vecchio a Firenze, L’uliveta a Settignano e Marina a Viareggio di Telemaco Signorini, Le ricamatrici di Adriano Cecioni, Signora in bianco di Giovanni Boldini, Il ritorno dalla messa di Cristiano Banti. E ancora, opere di Abbati, Cabianca, Sernesi, Borrani, D’Ancona, Puccinelli.
A partire dalla fine degli anni ’20 e fino ai primi anni ’70, Borgiotti si impegnò nella riscoperta degli artisti della ‘macchia’; donò nuova luce a opere sconosciute o disperse, inserendole nelle sue pubblicazioni e contribuì perciò a togliere i nostri Macchiaioli da quel cono d’ombra nel quale il successo dei colleghi impressionisti francesi li aveva relegati (come non pensare a I covoni di Monet guardando I pagliai a Castiglioncello di Sernesi?).
Grande soddisfazione perciò quando il Governo americano, nel 1963, gli chiese di selezionare una serie di dipinti rappresentativi dell’Ottocento italiano per una mostra itinerante negli USA, assicurandoli per un miliardo di lire. E pensare che di lì a poco, nel 1964, la Biennale di Venezia decretò vincitore del Gran Premio Robert Rauschenberg, aprendo definitivamente le porte europee, del mercato e del gusto, alla Pop Art.
Ottavia Sartini
Viareggio // fino al 13 Novembre 2011
Genio dei Macchiaioli. Mario Borgiotti: occhio conoscitore, anima di collezionista
a cura di Elisabetta Palminteri Matteucci
www.centromatteucciartemoderna.it
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati