Esercizi di memoria, a Valdagno

Galleria Civica, Valdagno - fino all’8 giugno 2014. L’occasione sono i quarant’anni della Galleria Civica di Valdagno, ma il progetto curato da Eva Fabbris aspira a toccare radici storico-identitarie ben più profonde. Confrontandosi con il tessuto di un’intera cittadina.

Per chi viene da fuori, Valdagno è la sede dello storico Lanificio Marzotto, croce e delizia di una città che ne ha conosciuto – e poi gradualmente perduto – il decisivo potere trainante, in chiave economica, sociale e urbanistica. L’approccio della mostra curata da Eva Fabbris, che si diffonde attraverso nove sedi cittadine, è quindi duplice: da un lato, una riflessione sui concetti di perdita, identità e memoria; dall’altro, un confronto serrato con i luoghi e le storie che hanno fatto e ci raccontano Valdagno.
Punto di partenza è la Galleria Civica, dove protagonista è l’uomo, dalla materia pittorica di Marco Saugo a quella organico-concettuale di Lupo Borgonovo, dalla raggelante estetica di Anna Franceschini alla memoria paesaggistica di Fabio Sandri. La tensione emotiva del tutto è sostenuta dall’installazione di Arcangelo Sassolino, un filo esplosivo che collega identità e sparizione. A Palazzo Festari è poi la volta di riflessioni più scanzonate, ma non prive di una certa vena straniante (come nei dipinti di Dast e Stefano Zattera, o nello pseudo-documentarismo del duo Ceriani Basilico – Mancassola). Una svolta storica più decisa la offre invece Giovanni Morbin, che interviene direttamente sulla facciata dell’ex-Casa del Fascio. Un esercizio di memoria attiva, uno scostamento minimo, come anche quello di Jacopo Candotti sull’immagine boccioniana dell’uomo futurista. E pure la naturalità più intima e controllata (Marco Basta) può rimbombare dell’eco di spari mal sepolti nella memoria (Alessandro Ambrosini).

A sinistra Anna Franceschini, Polistirene, e a destra Lupo Borgonovo, Lachrymal Helms - Galleria Civica (foto di Alberto Sinigaglia)

A sinistra Anna Franceschini, Polistirene, e a destra Lupo Borgonovo, Lachrymal Helms – Galleria Civica (foto di Alberto Sinigaglia)

Passando oltre la passerella del tessitore si arriva alla “città sociale”, dove storie di vita operaia incontrano ancora le piaghe del passato. Qui Roberto Mascella raccoglie le nostre impronte, segno di mancanza; ma un vuoto ancora più profondo è indagato da Simone Berti, che interviene sulle fondamenta della mai edificata Villa “La Favorita”. Quello stesso vuoto si antropomorfizza nell’installazione di Andrea De Stefani, ed è colmato dai disegni “alla cieca” di Ludovica Carbotta. I rimandi s’infittiscono al Museo delle Macchine Tessili, ultima tappa del percorso, senza mancare i consueti segni di assenza (Diego Soldà) o di quotidiano straniamento (Giulia Piscitelli). Una sovrabbondanza di stimoli (con performance di Invernomuto al finissage) che a tratti può confondere o risultare disomogenea: ma, come suggerisce il titolo tratto da Vitaliano Trevisan, l’esperienza artistica è anche un atto di umiltà e la strada per l’elevazione parte proprio dalle nostre radici.

Simone Rebora

Valdagno // fino all’8 giugno 2014
Non potendomi arrampicare sulle nuvole, presi per le colline
a cura di Eva Fabbris
GALLERIA CIVICA
Viale Regina Margherita 1
[email protected]
www.comune.valdagno.vi.it

 

 

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Simone Rebora

Simone Rebora

Laureatosi in Ingegneria Elettronica dopo una gioventù di stenti, Simone capisce che non è questa la sua strada: lascia Torino e si dedica con passione allo studio della letteratura. Novello bohémien, s’iscrive così alla Facoltà di Lettere a Firenze, si…

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