Firenze, Museo Novecento. Dal progetto museologico all’allestimento: le interviste
Nel giorno dell’inaugurazione, nell’affollata sede delle Leopoldine, opportunamente rivisitata per accogliere il nuovo gioiello museale fiorentino, abbiamo incontrato Valentina Gensini, curatore scientifico, e gli architetti di Avatar, lo studio che ha seguito i lavori di allestimento
Complice la festività di San Giovanni Battista, la mattina del 23 giugno una coda di visitatori affollava il loggiato di ingresso del Museo Novecento di Firenze già prima delle 12.00, l’orario previsto per il taglio del nastro e l’apertura – gratuita – al pubblico. E la sfida, per questo nuovo, ambizioso progetto fiorentino, sarà tutta da giocare sul lungo periodo, puntando a una reale continuità di presenze e a un successo che sia anche di biglietteria.
Le premesse ci sono tutte. A partire dalla volontà di stabilire, da subito, una connessione con la città e la cittadinanza: la collezione novecentesca, di proprietà comunale, presentata con rotazioni bi-annuali e nella quale compaiono molti nomi di richiamo – da Felice Casorati a Giorgio Morandi, da Vinicio Berti a Giorgio de Chirico, da Arturo Martini a Massimo Campigli, da Emilio Vedova a Renato Guttuso, da Filippo de Pisis a Mario Sironi, da Mario Mafai a Ottone Rosai – è infatti preceduta, in un percorso espositivo à rèbours, da un focus inedito sulle vicende artistiche degli ultimi quarant’anni a Firenze.
Non solo. Una speciale attenzione sembra essere rivolta ai fiorentini, principali – ma chiaramente non unici – destinatari dell’abbonamento messo a punto per recarsi più volte al museo e partecipare alle attività: un ticket di euro e cinquanta, anziché il biglietto intero di dieci euro.
“Non puntiamo all’intrattenimento, ma a visite personalizzabili grazie ai tanti supporti multimediali e agli approfondimenti in dotazione nei quindici ambienti espositivi”, ha dichiarato Valentina Gensini, curatore scientifico del progetto museologico, durante la conferenza stampa, aggiungendo poi ai nostri microfoni; “Quello che suggeriamo è tornare più volte e indagare questo spazio attraverso una molteplicità di percorsi; il museo è in grado di proporre ore e ore di contenuti ai quali sarebbe impossibile per chiunque attingere in una sola occasione”.
Accessibilità e facilità di utilizzo dei dispositivi presenti, sono due aspetti rintracciabili nell’allestimento dagli architetti Nicola Santini e Pier Paolo Taddei dello studio Avatar Architetture, un progetto che si pone nel solco della riconoscibilità, senza però risultare prevalente rispetto alle opere di restauro condotte dall’Ufficio Belle Arti del Comune di Firenze: “Ci siamo ritrovati a lavorare in uno spazio in parte storico, in parte già rimaneggiato. Abbiamo quindi cercato di ricucire gli spazi, intervenendo con una sorta di tappeto, un segno capace di unire gli ambienti, compresi quelli che non avevano più peculiarità storico-artistiche.”
Un museo civico nel senso più proprio del termine, dunque. Che gode di immediata visibilità e comodità di accesso, grazie alla centralità dello spazio occupato, l’ex Spedale delle Leolpoldine in Piazza Santa Maria Novella, proprio nel cuore dei circuiti turistici cittadini.
– Valentina Silvestrini
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