Atrocità ballardiane. Phoebe Zeitgeist a Milano
La compagnia Phoebe Zeigeist adatta la “Mostra delle atrocità” di James G. Ballard. La sessualità come impulso irrefrenabile e conformista, i nomi delle star come mantra condizionante: il linguaggio collassa su se stesso e vive di immobilità e staticità ipnotica.
La mostra delle atrocità di James G. Ballard è certamente uno dei testi “impossibili” da adattare per il teatro o per il cinema. Il libro ha un linguaggio bourroughsiano, ed è figlio ancor più crudele – se possibile – de Il pasto nudo. Risulta anche per questo motivo particolarmente interessante la sfida della compagnia Phoebe Zeitgeist, che alla Mostra delle atrocità si è ispirata per lo spettacolo Note per un collasso mentale, di recente ripreso al Teatro Out Off di Milano dopo il debutto del 2011.
La scelta del testo ballardiano non è casuale, visto il percorso della compagnia teso verso un asciugamento del linguaggio e alla ricerca di una poetica “statica”, più in linea con le arti visive che con i canoni teatrali. Ne sono il segno più evidente una meta-teatralità costante – giocata nell’impiego di una dizione volutamente paradossale e nell’uso sarcastico del microfono – e la volontà di scovare i sottintesi sociopolitici in ogni testo affrontato. Con uno sguardo rivolto alle sovrastrutture molto più che ai tormenti personali, e mai all’esistenzialismo. Tale processo di contrizione del linguaggio ha visto un progresso evidente nel succedersi delle ultime produzioni, dai due spettacoli di Copi a quello tratto da Tennesse Williams fino a Preghiera. Un atto osceno.
Note per un collasso mentale viene prima dell’accelerazione di questo processo, essendo stato allestito nel 2011. Meno disperato sulle possibilità del linguaggio dei suoi successori, lo spettacolo vive comunque di immobilità, anche e soprattutto quando la recitazione e gli interventi di regia sembrerebbero tendere all’esplosione drammatica. L’accompagnamento continuo della musica dal vivo di Alessandra Novaga contribuisce alla staticità ipnotica dell’insieme. La disillusione ricopre tutto come un velo pesantissimo. E l’adattamento muta persino il “colore” del libro, virandolo decisamente al nero.
Se, infatti, nel libro il sesso è strumento di definitiva oppressione ma anche atto di diserzione liberatoria e anarchica, nello spettacolo viene dato maggiore peso (con approccio paradossalmente più “puritano” rispetto a quello di Ballard) alla prigionia rappresentata dall’impulso irrinunciabile all’approccio sessuale. Ma in quella che per un attimo può sembrare la descrizione di tormenti “personali”, intervengono ben presto le sovrastrutture. Rappresentate dai pezzi di immaginario collettivo che istigano alla sessualità come gesto consumistico e di adeguamento a uno spirito del tempo artificioso. Come la plastica al seno di Mae West e gli incidenti automobilistici che hanno coinvolto personalità famose, i cui nomi diventano mantra astratti e insignificanti, ma infallibili nell’attivare la reazione pavloviana dei cittadini della società di massa.
Il prossimo spettacolo di Phoebe Zeitgeist accosta testi di Pier Paolo Pasolini, Elsa Morante e Dario Bellezza: il debutto è previsto in ottobre a Milano.
Stefano Castelli
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