Dieci anni per il Museo della Fotografia di Cinisello, che festeggia alla Triennale. Ma sono gravi le incognite sul suo futuro
Deve essere una festa e festa sia, dunque. Anche se inevitabilmente mesta, per dirla con Cristiano Godano. Celebra i suoi primi dieci anni di attività il Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo, unico nel suo genere a capitale interamente pubblico in Italia; un patrimonio iniziale di circa un milione di immagini presto raddoppiato grazie […]
Deve essere una festa e festa sia, dunque. Anche se inevitabilmente mesta, per dirla con Cristiano Godano. Celebra i suoi primi dieci anni di attività il Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo, unico nel suo genere a capitale interamente pubblico in Italia; un patrimonio iniziale di circa un milione di immagini presto raddoppiato grazie a lasciti e depositi, un’intensa attività espositiva e soprattutto la produzione di progetti che guardano al linguaggio dello scatto come facilitatore sociale, strumento per vere e proprie esperienze di arte relazionale. Meritevoli ovunque, a maggior ragione se nate in un contesto a rischio depressione come quello delle città satellite delle grandi metropoli.
Il Mu.Fo.Co. porta a Milano, in mostra fino a settembre alla Triennale, il bagaglio del proprio giovane ma glorioso passato – con le opere, tra gli altri, di Olivo Barbieri, Paolo Gioli, Luigi Ghirri, Gea Casolaro, Gabriele Basilico – ma la voglia è quella di guardare avanti piuttosto che indietro. Verso un futuro su cui si addensano le nuvole dell’ennesima assurda stortura italiana.
Il museo giace sospeso in un limbo amministrativo e gestionale, vittima della sua stessa natura statutaria, che obbliga in parti uguali il Comune di Cinisello e la Provincia di Milano. Il problema arriva proprio da Palazzo Isimbardi: con la soppressione formale dell’ente a partire dal prossimo 31 dicembre e la conseguente nascita dell’attesa Città Metropolitana, il Mu.Fo.Co. perde di fatto un partner decisivo alla sua sopravvivenza. Senza che nessuno, al momento, abbia saputo chiarire se quell’impegno possa o meno, e in che modo, essere assorbito dal nuovo soggetto. Il Mu.Fo.Co., insomma, rischia di fare la fine degli esodati: rimasti con il cerino in mano dopo valzer legislativi e amministrativi partiti con ottime intenzioni, buone però a lastricare strade che non portano dove sperato. Per cui no, il clima alla Triennale – in occasione dell’opening della mostra – non era dei più distesi e sereni, quasi la festa di compleanno presagisse un funeral party; anche perché – come non ha mancato di far presente, pubblicamente, il sindaco di Cinisello Siria Trezzi – l’assenza di rappresentanti dell’ente provinciale è suonata come cinica e drammatica presa di distanze.
Ai partner pubblici costa circa mezzo milione di euro l’anno tenere in piedi il museo: tanto si investe dopo i tagli degli ultimi tempi – quattro anni fa la cifra arrivava a 800mila euro – con solo il 10% del budget da destinare a mostre e progetti, stampellati dal torrentizio sostegno di sponsor privati. Chiaro che, troncando l’apporto della Provincia, si rischia di rimanere a secco.
Soluzioni? Il direttore scientifico del museo, Roberta Valtorta, indica l’economica strada del buonsenso: a fronte di un impegno finanziario da parte di Città Metropolitana si possono mantenere a Cinisello il centro studi e l’archivio, le attività di didattica e di progettazione, portando a Milano – perché non proprio alla Triennale? – un calendario di mostre che, in virtù della maggiore visibilità di uno spazio centrale e non periferico, risulterebbe più appetibile agli sponsor privati. Ma questo, appunto, è buonsenso. Poi la palla passa alla politica…
– Francesco Sala
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