LensCulture, cinque vincitori per la fotografia emergente. Dalla fine di un amore alla lotta contro il cancro, passando per un viaggio in autostop
Il Guardian lo ha definito “uno dei siti più autorevoli e di ampio respiro”, nel campo della fotografia. LensCulture, piattaforma on line che unisce un lavoro costante di scouting a un impegno per la promozione e la valorizzazione di artisti internazionali, è una comunità globale, un team di professionisti, uno spazio di ricerca e informazione, […]
Il Guardian lo ha definito “uno dei siti più autorevoli e di ampio respiro”, nel campo della fotografia. LensCulture, piattaforma on line che unisce un lavoro costante di scouting a un impegno per la promozione e la valorizzazione di artisti internazionali, è una comunità globale, un team di professionisti, uno spazio di ricerca e informazione, una vetrina preziosa. Con uno sguardo a 360 gradi sulla fotografia artistica, giornalistica, documentaristica.
E non poteva mancare un premio per i talenti emergenti. Ogni anno uno sforzo notevole per staff e giuria tecnica, alle prese con valanghe di application. Anche per l’edizione appena conclusa le iscrizioni sono state migliaia, giunte da 94 paesi del mondo. Di questi sono stati selezionati e pubblicati cinquanta progetti, ma solo cinque – uno per ognuno dei giurati – sono arrivati in cima, ricevendo un riconoscimento in denaro. A vincere sono stati interi cicli fotografici, racconti per immagini che scandiscono eventi biografici, storie, confessioni, appunti di viaggio, percorsi in soggettiva.
Cancer Family, di Nancy Borowick, è il diario in bianco e nero di un dramma familiare: la malattia di un padre e una madre, vista con gli occhi di una figlia. Entrambi colpiti dal tumore, insieme. L’obiettivo scruta la loro battaglia coraggiosa, la dignità, la tempra e la resistenza. E la simbiosi nel dolore, come nell’amore. Fino alla scomparsa del padre, che lascia aperta la storia e non ferma la sfida: registrare quell’immensa catastrofe domestica. Un ritratto di lui e di lei, aspettando la morte. Tra compassione e ammirazione.
Antoine Bruy, con Scrublands, ha documentato il suo viaggio in autostop, tra il 2010 e il 2013, sulle tracce di uomini e donne che hanno scelto di vivere lontano dai ritmi, le forme e le regole della vita contemporanea. Incontri casuali, senza mappe né mete, in cerca di capanne, rifugi tra i boschi, piccole abitazioni rudimentali, famiglie libere dal giogo del progresso, della tecnologia, del consumo. Un lavoro giornalistico, con una valenza politica e sociale.
Il progetto di Sian Davey è dedicato ad Alice, sua figlia. Una bambina con la sindrome di Down. Scatti di intimità e di tenerezza, di normalità e di tenacia, metabolizzando un iter travagliato: nonostante le analisi di routine e la prevenzione del caso, Sian partorisce una bambina con una disabilità. Ed è uno shock. Non la accetta. Non è pronta. Non ce la fa. Poi capisce che quella creatura “imperfetta” pativa l’ennesima ingiustizia: il rifiuto di sua madre, i suoi pregiudizi. E allora nutrirla, proteggerla, amarla, tenerla per mano, insegnarle la vita, era tutto quello che c’era da fare. Nonostante la paura.
Another November di Laura Stevens è una rituale catartico e introspettivo, costruito attraverso i volti, i corpi, i sentimenti di altre donne. Elaborare il lutto di una separazione sentimentale, chiedendo a chi aveva vissuto lo stesso dolore di rappresentarlo, di dargli un volto e una posa. Quel novembre malinconico diventa “un altro novembre”: quello di Kate, Jessica, Lily, Amy, Matylda… Ma anche di Laura. Della sua ripartenza, di una pagina da voltare. Ne viene fuori una intensa collezione di sguardi nostalgici, di vuoti transitori, di traslochi in corso, di tavole sguarnite, di camere solitarie, di occhi persi e di pensieri ribelli. Aspettando di ricominciare.
Infine Estate, di Andreas Olesen. Stavolta l’esercizio dello si concentra sulle vite di sconosciuti. Tutto parte dal rinvenimento di una serie di negativi fotografici, appartenenti a una famiglia danese e databili intorno alla seconda guerra mondiale. Ricordi di persone qualunque, rubati a una qualunque vacanza e impressi su una pellicola. Olsen li ricolloca su una lastra di vetro e li fotografa in una località turistica italiana, nei pressi del Lago di Garda. Uno slittamento spazio-temporale, un processo narrativo e immaginativo, un esperimento poetico tra fantasmi del passato e visioni nuove.
– Helga Marsala
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