Venezia Updates: Giacomo Leopardi secondo Mario Martone. Il pezzo forte italiano? Un film teatrale, didascalico, irrisolto
Un biopic sulla vita di Giacomo Leopardi è un progetto ambizioso. Mario Martone si era già confrontato con la trasposizione cinematografica di una biografia nel ’92, quando vinse un Leone d’Argento con Morte di un matematico napoletano. Ma stavolta il personaggio era “larger than life”, come direbbero gli americani, e forse sarebbe stato meglio lasciare […]
Un biopic sulla vita di Giacomo Leopardi è un progetto ambizioso. Mario Martone si era già confrontato con la trasposizione cinematografica di una biografia nel ’92, quando vinse un Leone d’Argento con Morte di un matematico napoletano. Ma stavolta il personaggio era “larger than life”, come direbbero gli americani, e forse sarebbe stato meglio lasciare il soggetto nelle mani di un Richard Attenborough, se ancora fosse in vita. A primo impatto emerge che Il giovane favoloso sembra un film incompleto, non ancora finito. Dove non può neanche Jacopo Quadri con un buon montaggio, né i paesaggi e gli ambienti con il loro vivido realismo (il film è costato a Rai Cinema oltre 8 milioni di euro, non esattamente noccioline), i dialoghi risultano troppo teatrali e ingessati in alcuni passaggi e le poesie recitate per intero dal protagonista, come nei saggi scolastici di fine anno, esasperano l’aspetto didascalico e falliscono l’intento di rendere il personaggio secondo i mezzi del cinema.
Elio Germano è credibile nel ruolo ed è chiaro che si impegna. Ma solo a tratti è all’altezza del compito: il lampo empatico sparisce presto sotto una narrazione piatta e stantia, priva di vita e di genio. Neanche la malinconia qui è resa con giustizia ma confusa con una noia polverosa e amorfa, fatta di ripetizioni e senza contenuti efficaci. La colonna sonora di Apparat cozza con le scelte narrative e stilistiche della regia, eppure è l’unico elemento che coinvolge lo spettatore, disorientato da una narrazione, che pur lineare nel ricostruire la vita e le opere del poeta, cambia continuamente registro, per avviarsi verso la chiusura in un’astrazione che ne decreta la totale perdita di equilibrio strutturale, troppo leggera e indefinita rispetto al resto del racconto.
Ad ogni modo, se un film italiano deve ritirare un premio – e si sa che è così – è più giusto che sia questo Leopardi, con tutti i limiti che presenta, piuttosto che l’ennesimo film sulla mafia calabrese, siciliana, napoletana, come probabilmente invece accadrà. Il film di Saverio Costanzo presentato ieri, Hungry Hearts, è piaciuto con riserva al pubblico e alla stampa: ha superato le aspettative, sorprendendo per una regia più americana e dinamica, ma ha deluso per la gestione della trama del secondo tempo. Alba Rorhwacher era perfetta nella parte, che le sembrava cucita addosso. Resta ancora un mezzo italiano in concorso, il Pasolini di Abel Ferrara che però verrà presentato il 4 settembre. Fino a quando le carte non saranno tutte scoperte, i giochi resteranno aperti.
– Federica Polidoro
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati