Ars Electronica 2014. Reportage da Linz
La più longeva e più vasta mostra di linguaggi digitali affronta il tema del “Change”, titolo che indica i cambiamenti portati dal nuovo digitale ma anche le nuove condizioni dell’Occidente in crisi economica. I tagli ci sono anche qui in Austria, ma questo influisce relativamente sul festival, che schiera la consueta massa di lavori, dalle arti applicate alla musica e all’interattività, disseminati nella città in maniera virale: centri commerciali, musei d’arte contemporanea, chiese…
L’edizione 2014 di Ars Electronica – festival che si è tenuto a Linz dal 4 all’8 settembre – ha presentato una bella retrospettiva delle installazioni sonore di Bill Fontana, con i lavori pensati per grandi fabbriche o addirittura per la Tour Eiffel, nonché il progetto che si è aggiudicato il premio Ars Electronica-Cern, su cui lavorerà quest’anno quello straordinario sound e image-maker che è Ryoji Ikeda. Si salda il rapporto fra suono e video in questi lavori di soundmaking visualizzati dalla ripresa e funzionalizzati all’espressività del suono.
Spazio pubblico e di full immersion nella città, spostando tutta l’area della didattica e delle “changing” idee giovanili all’interno di un centralissimo centro commerciale, mentre in uno spazio vicino si sviluppa la bella mostra di arte da Taipei Budda on the Beach, curata da Pierre Bongiovanni e I Wei Li, dove diversi artisti mostrano “l’altra faccia” delle rampanti tigri orientali e del loro potere commerciale.
Un panorama di videoinstallazioni molto glitch, sporche e confuse, che mostrano la realtà contraddittoria della grande industrializzazione dell’Est e dell’ombra oscura che il gigante cinese continua a proiettare su Taipei. Spicca per forte espressività e precisa critica la videoinstallazione Realm of Reverberation, che racconta la storia di un ospedale dagli Anni Trenta a oggi in un bianco e nero incisivo e drammatico: una catalogazione del degrado della società, del passaggio della storia e un ritratto della morte integrato nell’essere sociale.
Il video è dunque tornato al centro dell’attenzione digitale dopo gli anni della ricerca sulla virtual reality. Infatti, malgrado la tradizionale paura del sistema dell’arte verso il digitale, Hermann Nitsch presenta una delle sue performance di Theater of Orgy and Mysteries nel “Deep Space” dell’Ars Center dedicato a proiezioni HD, spazio di proiezioni gigantesche e perfette di foto e video, dove si svolgono anche performance e danza interagente con la scenografia digitale in movimento, come in Anatta di Viktor Delev.
Due autori italiani si collocano in evidenza nella rassegna. Quayola (visto l’anno scorso al festival Digitalife) continua il confronto fra arte classica e strumenti digitali, ripartendo da un Prigione michelangiolesco riprodotto con processi elettronici in plastica 3d (con effetti che corrompono l’immagine) e poi riproposti live su schermi video. Golden Nika al lavoro di Paolo Cirio, artista che lavora da qualche anno sull’hackeraggio di social network come Facebook e ora sulle famigerate Cayman Islands, paradiso (o inferno) fiscale in cui si è prima iscritto e poi infiltrato nei data bank degli uffici di registrazione delle società. Il lavoro è la messa a nudo delle varie corporation che si nascondono nel paradiso fiscale.
Il festival si ripropone come mediatore fra tutte le istanze del digitale: l’attivismo della Rete, la trasformazione digitale dell’immagine, la Public Art su cui continua il suo lavoro il Futurelab del Center, ma anche la presenza nel sociale urbano e soprattutto nella scuola. E ancora la preoccupazione per l’etica, a volte dimenticato quanto importante elemento dell’arte contemporanea. Il teorico Derrick De Kerckhove parla di una “cultura della vergogna”, ispirandosi alla cultura giapponese che porta ai suicidi di riparazione come l’harakiri o il seppuku. Ma forse fa semplicemente riferimento all’Italia (in cui ha lavorato), dove la “cultura della vergogna” è stata per parecchi anni poco frequentata.
Lorenzo Taiuti
www.aec.at/festival/en/festival2014/
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