Come si sa, uno degli aspetti caratterizzanti la rivoluzione teatrale di inizio Novecento è l’aver reso lo spazio scenico un luogo “drammaturgicamente attivo”: non un dato a priori immodificabile, ma un elemento vivo, costitutivo di ogni processo creativo al pari di testo, attori (o danzatori), musiche, luci e così via. Tale prismatica attenzione ai luoghi, che ha nutrito molte fra le più importanti esperienze artistiche degli ultimi cento anni, si manifesta nelle forme più variegate anche nella nona edizione del Terni Festival, in programma dal 19 al 28 settembre. Alcuni esempi.
Il progetto Living room di Willi Dorner, coreografo austriaco interessato alla creazione di eventi che diano al pubblico la possibilità di acquisire nuove visioni e diverse prospettive sulla vita di tutti i giorni, si propone come “una riflessione sull’appartamento, inteso come luogo ma anche come condizione di rifugio e isolamento, come habitat in cui ci si circonda di cose e oggetti per noi rassicuranti o significativi”.
La performance Vedi Cosa Voglio Dire? di Projet in Situ abbandona lo spazio teatrale offrendo a uno spettatore bendato, accompagnato da una guida, una passeggiata per le vie di Terni: “È un viaggio nel proprio immaginario e nelle risorse delle proprie percezioni alla scoperta della città, delle relazioni con gli altri e con se stessi. Il buio e l’oscurità non sono più fonti di paure ma zone di confine, terreni fertili da esplorare, per farsi sorprendere e produrre cambiamenti”.
La danzatrice e coreografa Cristina Rizzo propone due lavori che abitano lo spazio a partire dal celeberrimo Bolero di Maurice Ravel. Il primo, BoleroEffect, danzato in coppia con Annamaria Ajmone, “è come un’isola deserta. Un luogo dove ri-cominciare”. Il secondo è Bolero Rapsodia (The All Night Long version): “L’energia coinvolgente evocata dall’EffettoBolero, si propagherà dal buio profondo alle luci dell’alba in una dance hall border-crossing aperta a tutti, una corsa archeologica tra ritmi tropical e suadenti melodie che gradualmente asseconderanno la dimensione del sonno”. Per partecipare a Bolero Rapsodia, l’artista consiglia di portare con sé una coperta o un sacco a pelo, “come per uno sleep concert”.
Tra i tanti altri spettacoli in programma, vale almeno segnalare L’incontro di Raffaella Giordano e Maria Muñoz, Jesus/seconda apparizione di Babilonia Teatri e l’installazione-performance Ma/mains tenant le vide di Opera, ispirata al bronzo di Alberto Giacometti del 1934, tanto amato da André Breton, in cui una figura femminile stilizzata tende le mani come a reggere un oggetto invisibile.
A proposito di ibridazioni fra arti visive e performative: in occasione del Terni Festival inaugura la mostra Arnaldo Pomodoro. Spazi scenici e altre architetture a cura di Antonio Calbi: sculture, scenografie, bozzetti, modellini e costumi che rivelano un Arnaldo Pomodoro inventore di spazi per il teatro, la danza e la musica.
Il rinnovato sguardo che il Terni Festival propone sulla città fa sì che il contesto urbano sia inteso come mappa per scovare interrogativi e significati possibili, più che come sommatoria di singoli luoghi. Direbbe l’Italo Calvino de Le città invisibili: “D’una città non godi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda”.
Michele Pascarella
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