Milano Design Film Festival. Parla Letizia Cariello, artista selezionatrice
Parte domani 9 ottobre il MDFF – Milano Design Film Festival. Quattro giorni all'Anteo SpazioCinema per confrontarsi con design e architettura in pellicola. E se questa commistione non bastasse, c'è pure una sezione curata da un'artista, Letizia Cariello. Noi l'abbiamo intervistata.
Artisti che curano le mostre. Una cosa che ultimamente pare andare per la maggiore. Cosa ne pensi in linea generale?
Che spesso diventa una trovata. Le ipotesi son varie, fra cui: disperato bisogno di distinguersi in un mare sempre più affollato di offerta; bisogno di affermare di più (ma ce n’è davvero bisogno?) l’identità concettuale del lavoro dell’artista… Fatto veramente, è un lavoro difficilissimo e richiede che si resti se stessi mentre ci si misura con ambiti, linguaggi, vocabolari a volte diversi quanto meno per scenario. Fatto davvero, rinnova da ogni lato, come sempre quando si cambia aria.
Detto questo, mi capita poco di vedere uno sguardo sinceramente nuovo, capace di mettere vino nuovo in otri nuovi. Lo dico senza polemica… A volte mi domando se quel sentimento meraviglioso che è la curiosità sia ancora vivo, a parte i dubbi circa una mancanza di studio e approfondimento endemica. Penso alla forza di Leopardi, una poesia totalmente disinteressata alle etichette. Non so se mi spiego…
Per quanto riguarda il MDFF, come è nata la collaborazione? Chi ti ha chiamato? Perché? In funzione di quali relazioni e contatti?
Mi ha chiamata Silvia Robertazzi e poi mi ha presentata ad Antonella Dedini. I contatti sono quelli di una vita in cui, pur seguendo professioni apparentemente diverse, si condivide un modo, uno stile, un grandissimo amore per la domanda e l’approfondimento. Silvia sapeva bene, e da qualche decennio, come spendo le mie giornate, e io so come lei spende le sue. Conosce il mio lavoro fin dall’inizio: spazio, corpo, la metafora della camera interiore, il lavoro sul tempo e direi anche l’anarchia. Antonella è una conoscenza più recente ma, come tutti nella redazione del MDFF, se deve dare la prevalenza a una pulsione, la vedi che si interessa a tutto quello che non aveva visto prima. Siamo tutte diverse: io, Porzia, Silvia, Antonella, Michela, Cristiano. E questa diversità, in questo anno di lavoro insieme, ci ha permesso di non avere un orticello. È anche avvenuto molto naturalmente, ma senza improvvisazioni. E poi lavorando tantissimo. Tante ore al giorno dentro e fuori la stanza di Corso Magenta.
Sarà vero che le relazioni fanno tanto, ma prima bisogna avere un pensiero proprio e averlo approfondito, altrimenti si resta sempre in quella fascia di mestiere ovattato, un po’ ignavo. Ovviamente non è obbligatorio. Il mio allenatore di nuoto diceva: se nuotate tutti quelle ore, arrivate tutti più o meno nella stessa fascia di tempi. Poi chi ci mette talento, lavoro e anima, quello nuota veramente. Forse amo così tanto Pietro Mennea per questo.
Cosa hai dovuto fare? Selezionare film e documentari si può supporre. È tutto qui?
Non proprio. Prima di mettermi al lavoro, ho proposto un taglio, una mia idea sul cinema, sull’architettura, sui temi. Proprio perché non è una sezione ortodossa, prima ho proposto la tesi e, mettendo insieme i film, la dimostrazione. Ho proposto in alcuni casi di guardare da un altro punto di vista gli stessi film.
Faccio un esempio: in From emptiness to infinity, Tadao Ando viene presentato come l’architetto del silenzio. Nel documentario lui insiste moltissimo, con le persone del suo studio, sulla pratica dell’ascolto. Sono tutte azioni musicali radicate in una postura interiore. Il tema del silenzio e dell’ascolto, come anche la pausa in musica, vanno ben oltre i tecnicismi. Sono modalità musicali non precluse a chi non sta suonando uno strumento. Stiamo parlando di atteggiamenti e qui non ci sono nascondigli. Oppure la Neue Opera House di Oslo in uno dei documentari delle sei cattedrali della cultura: parla di corpo, di suoni, di eco, di voci, di attraversamenti: un luogo di musica e danza ma visto così diversamente!
Qual è stato, nella tua carriera, il rapporto che hai avuto con il mondo del design e del video? Ti ha aiutato in questo incarico?
Ho lavorato per il cinema in Italia e negli Stati Uniti subito dopo essermi laureata. In principio credevo di voler fare scenografia. La mia tesi era su Raffaello scenografo e, con i disegni che ricostruivano l’impianto prospettico di alcuni degli affreschi delle Stanze Vaticane, sono andata da Enrico Tovaglieri e gli ho chiesto di lavorare nel suo studio. Con lui ho lavorato a un film di Roger Corman che si girava in Italia. Poi sono andata negli States e ho aiutato Keith Crossley negli shootingboard per Rocky V. Quando sono tornata in Italia, ho lavorato un po’ per i registi di pubblicità, ma alla fine non era quello che stavo cercando. I miei video sono quelli di Hallenbad, di IM-FLUSS (con Federica Ravera, assistente di Ermanno Olmi ) e pochi altri. Pochi perché è difficile produrli e io lavoro molto da sola. La parte scultorea del mio lavoro sfiora il design, non foss’altro perché a me la forma interessa moltissimo, e mi interessa la sua radice in un pensiero disegnato.
Ci saranno una sessantina di filmati nel festival. Di quanti hai contribuito alla selezione? Che tipologia di materiale hai visionato? Che tendenze hai intravisto?
I film li abbiamo cercati tutti insieme. Io ho trovato qualcosa ma, una volta condiviso e direi abbracciato il mio taglio, alcuni me li hanno proposti le mie compagne di squadra. Per esempio, non conoscevo Emingholz e Silvia mi ha indicato il suo lavoro quando si è imbattuta in lui nelle sue ricerche. È una cosa che avviene solo se tutti si e sentono coinvolti nel lavoro degli altri. In questo senso è stato un vero laboratorio. Io ho trovato per esempio Xenakis. Alla fine non ho tenuto il conto di quanti ne trovavo io personalmente. Tieni sempre conto che io ho dato una lettura e un taglio, ma non sono un’esperta né di architettura, né di cinema, né design. Sono un’onnivora a cui piace studiare di tutto e in questo posso contribuire al meglio. Porzia Beramasco, per esempio, è una vera enciclopedia vivente.
E per chiudere, al di là del festival, parlaci un po’ dei tuoi futuri progetti da artista “pura” questa volta e non da artista “giurata”!
Questo per me è stato un progetto d’artista!
Si. Okkay. Ci siamo capiti…
Dunque il 9 ottobre inauguro anche un progetto presso uno studio legale privato che durante il MiArt aveva ospitato una project room di Tatiana Trouvé e ora collabora con Massimo Minini (la mia galleria) sulla presentazione del mio lavoro. Il 28 ottobre a Bruxelles José Manuel Barroso presenterà il libro che riassume il lavoro di due anni, A new narrative for Europe, una serie di gruppi di lavoro interdisciplinari europei a cui sono stata invitata a partecipare insieme a scienziati, intellettuali, storici e artisti. Nel libro è rappresentato anche il mio lavoro e questo ha aperto la strada a nuovi contatti, progetti e idee che mi stanno già occupando.
Massimiliano Tonelli
Milano // dal 9 al 12 ottobre 2014
MDFF – Milano Design Film Festival
ANTEO SPAZIOCINEMA
Via Milazzo 9
[email protected]
www.milanodesignfilmfestival.com
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