El Greco, atto finale. A quattrocento anni dalla morte, ultima mostra a Toledo
Toledo, Museo de Santa Cruz – fino a 9 dicembre 2014. “El Greco. Arte y Oficio” chiude gli eventi dedicati al pittore cretese nell’anno del quarto centenario della sua scomparsa. Un anniversario che la Spagna ha saputo ben gestire da diversi punti di vista.
Dominikos Theotokopoulos, meglio conosciuto come El Greco, si trasferisce a Toledo nel 1577 e ci rimane fino alla morte, avvenuta nel 1614. Così, dopo la poderosa El Griego de Toledo, realizzata nello stesso museo, e El Greco y la pintura moderna al Museo del Prado, questa esposizione, di forte impronta didattica, ci porta ancora più addentro all’universo e all’opera del Greco, precisando ancora più chiaramente, con prestiti da tutto il mondo (92 tra autografi, collaborazioni e opere di seguaci), i caratteri di una personalità artistica che ha ormai un posto speciale nella storia della pittura.
In realtà la fama del pittore divenne planetaria solo a partire dal XX secolo, a seguito di un processo di rivalutazione dovuto all’interesse di collezionisti e intellettuali prima, e della critica e degli altri artisti dell’epoca dopo (si va da Pablo Picasso a Jackson Pollock, che ebbe un’ossessione per il pittore), che evidenziò quanto ancora ci fosse da scoprire oltre alle manieristiche figure allungate e alla “stravaganza” delle sue composizioni. Si definì così la sua caratura di perfetto interprete dell’arte e del pensiero del suo tempo, e si precisò la straordinaria modernità di un pittore con un senso della rappresentazione che va oltre gli stili e le epoche, un modo di intendere l’immagine e il cromatismo che senza dubbio può definirsi universale. Il moto ascensionale delle sue figure, la straordinaria caratterizzazione psicologica dei suoi ritratti, gli sprazzi di luce catturati dalle tenebre, la metafisica dei suoi paesaggi, sono solo alcune delle caratteristiche di una creazione molto soggettiva della spazio e della forma che piacque a Paul Cézanne e al cubista Picasso, e che ben si presta ai parametri del nostro occhio, cioè alla nostra visione, che con El Greco incontra miracolosamente l’evanescente e l’estremamente concreto nello stesso momento.
Questa mostra, indagando il processo creativo, il metodo di lavoro e la bottega dell’artista (aperta nel 1585), permette di andare oltre la comprensione di uno stereotipo che ha fatto di El Greco solo un pittore visionario e dal carattere irriverente, al punto che, secondo una fonte del 1620 circa, ebbe qualcosa da ridire persino davanti al Giudizio Universale di Michelangelo. L’allestimento del percorso, di grande impatto scenografico, sfrutta lo spazio a croce greca del piano inferiore del rinascimentale edificio che ospita la mostra, che viene così suddivisa in quattro argomenti, ognuno dei quali dedicato a un particolare (e poco battuto) aspetto dell’opera dell’artista.
Il primo campo dell’indagine presenta una serie di opere che mette a fuoco l’identità artistica del Greco e la sua formazione. Qui scopriamo quanto importanti furono per il pittore i dieci anni passati in Italia, tra Venezia e Roma, quelli trascorsi dopo aver lasciato, poco più che 25enne, la natia isola di Creta per andare a cercare fortuna altrove. In Italia il pittore incontrò il Rinascimento e soprattutto Tiziano, la scuola veneziana e l’arte di Michelangelo, che trasformarono il suo stile facendogli abbandonare il linguaggio da madonnaro bizantino (anche se proprio alle sue origini è da collegare una sottocutanea tensione arcaizzante sempre presente nella sua pittura). Questo incontro fu determinante per il nuovo senso dello spazio, del colore e della figura umana delle sue composizioni. Ciò si nota ad esempio in un’Annunciazione oggi al Prado, un’opera realizzata a Toledo poco prima del 1600, quando già il Greco aveva raggiunto nella sua arte gli effetti visivi altamente emozionali che segnano il suo riconoscibile e inimitabile stile.
Un’altra sezione presenta alcuni dei soggetti di grande successo elaborati dal Greco, come La Maddalena, San Francesco e La Crocifissione. Le numerose riedizioni o copie di bottega evidenziano quanto le sue creazioni, dove mischiava spesso diverse fonti iconografiche, ben soddisfecero la domanda di una specifica società, quella della Spagna di Filippo II e del figlio Filippo III. L’alto numero di queste opere testimonia quanto seppe mettere a fuoco le esigenze di una fiorente committenza assetata di una pittura devozionale che la rappresentasse, molto attenta ai valori della nuova spiritualità post-tridentina. Il confronto di tele dello stesso soggetto, di cui alcune realizzate dal pittore, e altre in collaborazione con la bottega, mostra inoltre un metodo di lavoro che riusciva comunque a garantire un alto livello esecutivo.
Il dato è evidente anche nella sezione della mostra che riunisce due serie di Apostoli con il Cristo Salvatore, tema molto in voga nella Toledo a cavallo tra Cinquecento e Seicento. Nonostante la ripetizione dei soggetti, ogni apostolo ha una forza ritrattistica precisa, un’identità che viene plasmata da una materia che sembra in eterno movimento. Nell’ultima sezione si espongono le opere degli artisti attivi nella bottega, come Jorge Manuel Theotocópuli, figlio del pittore, o come Luis Tristán. Qui si fa evidente la larga diffusione del linguaggio del Greco anche dopo la morte, anche se nessuno riuscì a raggiungere le vette sublimi della sua arte.
Visitata la mostra, è d’obbligo fare tappa negli altri luoghi della città che custodiscono opere del pittore. Non si può prescindere da La sepoltura del conte di Orgaz nella chiesa di Santo Tomè, il capolavoro dell’artista, così come dalla Sacrestia della Cattedrale, dove sono esposte circa venti opere. E ancora: l’Hospital Tavera, il Santuario de Nuestra Señora de la Caridad e il convento cistercense di Santo Domingo el Antiguo, dove è custodito il famoso retablo mayor omonimo. La prima impresa pittorica con la quale l’artista si mostrò alla città, anche se oggi restano solo tre delle nove tele originarie, poiché le altre sono state sostituite dalle copie che le monache hanno fatto realizzare dopo aver venduto gli originali per mantenere in piedi la stessa struttura del convento. Per finire si può visitare il Museo del Greco, uno spazio che la città ha dedicato a uno dei sui figli (adottivi) più grandi.
Calogero Pirrera
Toledo // fino al 9 dicembre 2014
El Greco – Arte y Oficio
a cura di Leticia Ruiz e Jordi Penas
Museo de Santa Cruz
Calle Miguel de Cervantes 3
+34 (0)925 336725
www.elgreco2014.com
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