Festival del Film di Roma. Applausi per Gone Girl di David Fincher, fra storie d’amore, vendetta e misoginia
Le previsioni secondo cui il fine settimana festivaliero sarebbe stato affollato da teenager indemoniate sono state rispettate. Poca gente di settore nel villaggio del cinema, ma fiumi di famiglie con bambini, vecchiette e soprattutto liceali in visibilio in trepidante attesa dei red carpet di Josh Hutcherson (nel cast di Escobar: Paradise Lost di Andrea Di […]
Le previsioni secondo cui il fine settimana festivaliero sarebbe stato affollato da teenager indemoniate sono state rispettate. Poca gente di settore nel villaggio del cinema, ma fiumi di famiglie con bambini, vecchiette e soprattutto liceali in visibilio in trepidante attesa dei red carpet di Josh Hutcherson (nel cast di Escobar: Paradise Lost di Andrea Di Stefano), Sam Claflin e Lily Collyns (per la commedia romantica #ScrivimiAncora).
Noi, in controtendenza, siamo andati a curiosare all’incontro col cast del documentario di Antonello Sarno Giulio Cesare-Compagni di scuola, e abbiamo chiacchierato con Pannella, Piotta, gli Zero Assoluto e Antonello Venditti. Domani un estratto video. Intanto all’Auditorium le cose sono diventate serie con l’arrivo della pellicola più attesa della competizione: Gone Girl di David Fincher. 145 minuti di film senza nemmeno un calo di attenzione: meccanismi oleati alla perfezione, qualche deficit sulla soglia della credibilità, molta ironia e un finale che camuffa una morale misogina. Il film è la versione per il grande schermo del romanzo omonimo di Gillian Flynn, che ha curato anche l’adattamento della sceneggiatura, bestseller dell’estate 2012. Si tratta di un thriller sui cliché della società organizzata e sulla loro manipolazione mediatica. Così se alla sparizione della moglie figa, il marito traditore viene subito sospettato di omicidio, quando si scopre che era una messa in scena la donna diventa un’isterica psicopatica. Il film è vittima dello stesso meccanismo che mette in ridicolo. Così se su un piatto della bilancia c’è l’uomo stupido, superficiale, opportunista e traditore e dall’altro una compagna ferita, offesa, isterica, psicopatica, manipolatrice, ma pure assassina, da quale parte penderà l’anello? Questa donna padrona, asfissiante, moderna medusa che incastra l’uomo fuggente col ricatto della progenie è la quintessenza del disprezzo maschile. Che si esprime anche nella rappresentazione di tutto il resto dell’universo femminile: la gemella che vive all’ombra del fratello, la detective bruttina, le giornaliste ai due estremi del carrierismo esasperato…
Comunque il film fa ridere e si lascia guardare piacevolmente, il senso è comico e così reale da diventare surreale. Sconcertante il flash finale di registro completamente diverso, quasi astratto, rispetto al resto del film, una specie di catarsi fulminea, un brandello di coscienza che emerge come un lampo di lucidità oltre gli attributi caricaturali dei personaggi: in sostanza una riflessione in tono autoriale sui ruoli nella coppia. Da non perdere. Intanto sul red carpet sono attesi gli Spandau Ballet per il documentario a loro dedicato da George Henken Soul Boys of the Wester World.
– Federica Polidoro
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