Narrative in split-screen: Paul Klee e l’Estremo Oriente a Colonia
Museum für ostasiatische Kunst, Colonia – fino al 1° febbraio. Il museo di arte asiatica di Colonia presenta la storia parallela di Paul Klee e dell’arte dell’Estremo Oriente. Nella regione tedesca che conta la più grande comunità giapponese in Europa, una mostra fa luce sulle relazioni artistiche fra arte occidentale e orientale, attraverso il caso particolare di Paul Klee.
La sera del Natale 1909 Paul Klee (Münchenbuchsee, 1879 – Muralto, 1940) e sua moglie Lily ricevono in regalo dal loro ospite, lo storico di letteratura Alexander Eliasberg, una raccolta di lirica cinese a partire dal XII secolo. In quel periodo l’Estremo Oriente faceva il proprio ingresso in Germania attraverso le stampe Ukiyo-e. Quelle stampe a colori, che circa mezzo secolo prima in Francia erano visibilmente trasposte nei tagli fotografici di opere di van Gogh e letteralmente affisse alle pareti dello studio di Emile Zola ritratto da Manet. Japonisme è il nome che viene dato a questa influenza di stile che dalla pittura arriva all’architettura e al design Art nouveau.
Per Paul Klee, allievo di Franz von Stuck all’Accademia di Belle Arti di Monaco, l’interesse verso quel lontano est va oltre gli interessi formali nei confronti di uno stile pittorico diverso, bidimensionale, piatto e in tutto e per tutto dominato dalla linea, che era proprio dei suoi contemporanei. Passo dopo passo, Klee si apre agli insegnamenti di quella cultura, a partire dalle sue prime stampe Ukiyo-e, la pittura a inchiostro nero (Sumi-e), fino allo studio della calligrafia e della letteratura cinese. A distanza di anni da quella sera, Klee realizza una serie di acquarelli, “immagini scrittorie” pensate come rappresentazioni visive di quelle stesse poesie ricevute in dono da Eliasberg (Once emerged from the gloom of night…,1918; And oh, what embitters my grief even more is that you have no idea how I feel in my heart, 1916).
Il Museum für Ostasiatische Kunst, in collaborazione con il Centro Paul Klee di Berna e il Museum Ludwig di Colonia, espone la storia parallela, seppure cronologicamente distante, di un pittore occidentale il cui interesse verso l’arte dell’Estremo Oriente era divenuto tale che, alla Bauhaus a Weimar, dove insegnava, era noto tra i suoi allievi sotto l’appellativo di “Buddha”. Il filo narrativo di questa storia prende le mosse da alcune prime stampe e in particolare un olio, Untitled, Aare Landscape (1900): un assemblaggio di fotografie e close-up su un paesaggio letteralmente sezionato, come fa l’obiettivo.
In un alternarsi continuo tra stampe e acquerelli di Klee e i relativi riferimenti nell’arte orientale, si arriva agli studi sulla calligrafia: si tratta di piccole scene in cui poche linee a inchiostro nero e rosso alludono, come se comunicassero a gesti, a qualcosa che si completa nel titolo: Schnecken Wege (percorsi di lumache), Ereignis im Park (evento nel parco), Vorsicht, Schlangen! (attenzione, serpenti!), Paukenspieler (suonatori di timpani) (1937-38) sono titoli che alludono a brevi scatti su un mondo naturale trasposto in poche linee.
Svoltata pagina, la mostra cambia punto di vista, portandolo in quel lontano est dove, negli anni successivi, artisti, poeti, musicisti e architetti giapponesi si sono ispirati all’opera dell’artista svizzero. Così, il poeta Shuntarō Tanikawa trascrive Klee in versi. Ernste Miene (“Volto serio”, 1939) diventa un “uomo serio/ grave procede in avanti/ – triste/ uomo serio/ grave versa lacrime/ – strano/ uomo serio/ grave si scusa/ – stizzito/ uomo serio/ grave ammazza e uccide/ – atroce” (1975). Alla fine degli Anni Novanta Klee diventa citazione letteraria nel fumetto di Kazuya Takahashi, Kuré ne hito (1998): una storia, tra l’assurdo e il magico, di un giovane che, ossessionato dall’opera dell’artista, prima riceve in sogno il padre defunto sotto le sembianze di un “uomo Klee” e in seguito, dopo la sua stessa morte, riappare sotto forma di una sorta di sticker che ricorda nelle forme un soggetto dell’artista.
Dal Giapponismo allo Zen: Paul Klee e l’Estremo Orienteè un caso interessante di una mostra capace di narrare la sua storia per immagini, una storia che, per certi versi, si racconta da sé. Nel 1994 la mostra itinerante Japanese Art after 1945: Scream against the Sky veniva allestita al Guggenheim di New York e la sua curatrice, Alexandra Munroe, veniva nominata curatrice del dipartimento di arte asiatica del museo. Al MoMA, nel 2012 Tokyo 1955-1970: A New Avant Garde ha fatto ancora una volta luce su decenni recenti della produzione artistica giapponese. Sembra, allora, essere arrivato il momento in cui il pubblico riceva le debite spiegazioni. O meglio, se da tempo ormai la storia ha smesso di essere “solo” occidentale, sembra giusto pretendere che simili provvedimenti vengano presi anche nel campo delle arti. Thomas P. Campbell al Metropolitan ha aperto al pubblico le sale di arte islamica. Scrivere manuali di storia dell’arte così grandi è forse oggi ritenuto poco pratico, ma se c’è qualche museo che, dal proprio canto, si prende la briga di compensarne l’assenza, allora possiamo stare tranquilli.
Margherita Foresti
Colonia // fino al 1° febbraio 2015
Vom Japonismus zu Zen: Paul Klee und der Ferne Osten
a cura di Osamu Okuda e Marie Kakinuma
Museum für ostasiatische Kunst
Universitätstrasse 100
+49 (0)221 22128608
[email protected]
www.museum-fuer-ostasiatische-kunst.de
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