A Caterina Erica Shanta il Premio Stonefly 2014: fotogallery dalla Fondazione Bevilacqua La Masa, per la mostra che a Venezia presenta tutti i finalisti
Non il prodotto finito ma il processo, non l’opera – dunque – ma il percorso che si costruisce per ottenerla. Compie un interessante twist concettuale l’edizione 2014, la quinta, del Premio Stonefly Cammina Con l’Arte: il contest rivolto dall’azienda calzaturiera ai giovani artisti in residenza negli Atelier della Fondazione Bevilacqua La Masa. Un riconoscimento che, […]
Non il prodotto finito ma il processo, non l’opera – dunque – ma il percorso che si costruisce per ottenerla. Compie un interessante twist concettuale l’edizione 2014, la quinta, del Premio Stonefly Cammina Con l’Arte: il contest rivolto dall’azienda calzaturiera ai giovani artisti in residenza negli Atelier della Fondazione Bevilacqua La Masa. Un riconoscimento che, dunque, assume carattere quasi didattico; andando a sostenere la forza del progetto, la sua coerenza e maturità, senza limitarsi all’acquisto del lavoro ritenuto in potenza più meritevole ma arrivando a produrlo in tutte le sue parti. Nell’attinenza a un concept da declinare sull’idea di pelle, anzi: di seconda pelle. Questo sulla carta, peccato che poi il riconoscimento vada al lavoro che – fra i tredici presentati – risulta in realtà più concluso, il meno bisognoso di ulteriori fasi di implementazione e dunque produzione. Vince infatti il video con cui Caterina Erica Shanta, classe 1986, entra in fabbrica per leggere con delicatezza la gestualità del lavoro; entrando con primissimi piani in immagini che svaporano e sgranano, in un ritmico susseguirsi di prospettive che accentuano l’antica angoscia della serialità. Poco più che un teaser quanto ha presentato, insieme ai lavori degli altri finalisti, nella sede della Fondazione che si affaccia a Venezia su piazza San Marco; eppure un’opera già così precisa da non dare l’impressione di avere bisogno di ulteriori passaggi.
Il secondo premio, che consiste in una residenza d’artista, va al tandem composto da Graziano Meneghin e Jacopo Trabona, che sognano un’avventura distopica fantascientifica, tra romanzi e installazioni, che tenda alla costruzione di un marchingegno per vedere… ciò che c’è già!
Le idee interessanti non mancano. Il collettivo degli Impresari riprende le macchine sceniche del teatro barocco e progetta un artificio che simuli la presenza sul palcoscenico del sole; Samuele Cherubini fa incetta di preservativi colorati e li usa per disegnare un mandala mentre il gruppo Anemoi scopre davanti a telecamere termografiche come le pelli conciate possano, se toccate e manipolate, catturare e conservare in minima parte il calore. E danno così vita a una danza quasi tribale, resa fascinosamente lisergica dai colori shock delle termocamere, con un disperato passaggio di energia tra l’uomo e l’oggetto.
Il catalogo dei giovani eroi si chiude con Marko Bjelancevic, Saverio Bonato, Paola Angelini, Giuseppe Abate, Pamela Breda, Eleonora Sovrani, Fabrizio Perghem e Fabio Roncato. Di quest’ultimo il lavoro che ci ha convinto di più, basato sui micromovimenti generati, nella zona di Montebelluna, dall’impercettibile assestamento del suolo ferito dall’intervento dell’uomo nel corso della Prima Guerra Mondiale. Le fondamenta dei forti, così come i solchi delle trincee sono interessati da movimenti infinitesimali che l’artista processa attraverso un arduino, trasformandoli in input che azionano una grancassa. Con la terra stessa a suonare, a un secolo di distanza, il ritmo incombente della guerra.
– Francesco Sala
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