Antonio Presti & Andrea Bartoli: la Sicilia che amiamo
“C’è una Regione che dà prova di vivacità. C’è una parte d’Italia che cresce con una visione di futuro e non accecata dal suo passato. Ce n’è più d’una naturalmente. Io ho avuto modo di saggiare la Sicilia”. L’editoriale di Fabio Severino.
La Sicilia – oltre ad essere una terra meravigliosa per colori, sapori e odori – crede in un’effervescente produzione contemporanea. Non sono le istituzioni, purtroppo, ma questa volta non ci interessa. La sua prova di sé la troviamo tra gli spazi crescenti e rappresentativi che due mecenati del terzo millennio si sono presi.
Antonio Presti lo conosciamo tutti. È sul pezzo da oltre trent’anni. È preso dal fuoco della passione. Non vuole incarichi politici, non vuole contributi pubblici. Vuole la libertà. Perché la libertà è la verità. Continua a esplorare e sostenere artisti, continua nel suo percorso di riscatto sociale attraverso l’arte, attraverso la bellezza. Coagula i bambini di Librino, il quartiere popolare di Catania, intorno a decine di progetti che vengono dal dentro di ciascuno. Cresce anche il suo Atelier sul mare, l’hotel con camere d’artista, conserva e protegge la sua Fiumara d’arte di Tusa, tra Messina e Palermo.
Antonio ha un erede: è Andrea Bartoli, notaio e collezionista di Favara, vicino Agrigento, che di un interesse particolare e personale sta facendo un progetto sociale e collettivo. La sua Farm cresce nel consenso e nella progettualità. A&A, Antonio e Andrea, credono nell’arte come intimo elemento di crescita individuale. Non si può essere uomini senza arte. Ci rimarrebbe solo la tecnologia a distinguerci dalle altre specie. Ma se l’uomo è il primate per la sua capacità di linguaggio, l’arte è la punta del suo linguaggio, quel luogo dove si possono esprimere le idee più preziose, innovative e originali.
In una Regione socialmente difficile come la Sicilia, dove il senso di nazione e comunità sono stati tenuti a debita distanza affinché non coagulassero le persone in un’identità e in un orgoglio anche legalitario, l’arte e la bellezza possono essere agenti di sensibilizzazione, risveglio e rinascita. Vedere a Favara le persone che fino a notte fonda girano tra opere e attività d’arte contemporanea anche molto innovativa come se si stesse a una ben familiare sagra gastronomica, ci dice: se un linguaggio diventa una lingua condivisa, allora riusciamo a capirci e a parlarci sempre.
Fabio Severino
project manager dell’osservatorio sulla cultura
università la sapienza e swg
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #21
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