Miguel Chevalier, un tappeto di luce a Castel del Monte. Arte digitale e architettura medievale
Un castello medievale del Sud Italia. Un tappeto di luci, colori, forme astratte, che ridefinisce lo spazio. Ecco la magia compiuta a Castel del Monte dall'artista Miguel Chevalier. Tra architttura antica e nuovi media
Non è mai facile mettere in comunicazione l’antico ed il contemporaneo, accostando, sovrapponendo, mescolando opere e luoghi separati da secoli di storia. Una pratica diffusa, che spesso conduce a un prevedibile ko: a sfavore dell’arte contemporanea, quasi sempre. Schiacciata, per forza di cose, da una monumentalità, una magnificenza o anche solo un potere di seduzione con cui occorrerebbe fare i conti: il gioco di pesi e di misure, di citazioni e riflessi, di distanze e di prossimità, di contrasti ed armonie, resta sottile e strategico. Un’architettura di senso necessaria.
La chiave giusta l’ha trovata, per esempio, l’artista francese Miguel Chevalier, tra i pionieri dell’arte digitale, all’attivo una serie di interventi in strepitosi spazi pubblici internazionali. L’ultimo, la scorsa estate, in Italia.
La sua installazione “Tapis Magiques – L’Origine du Monde” ha infatti aperto l’edizione 2014 del Festival Castel dei Mondi, ad Andria, in Puglia. La sfida? Portare nuove tecnologie, estetiche contemporanee ed arti elettroniche in un complesso architettonico straordinario, vecchio quasi mille anni, quel celebre Castel del Monte fatto costruire nel XIII secolo dall’imperatore Federico II.
Così, dopo i successi di Caracas, Albertville o Barcellona, dopo avere conquistato i visitatori della moschea di Casablanca o della biennale Kwangiu, in Corea, Chevalier ha portato a casa un’altra prova dagli esiti spettacolari. Magia allo stato puro. In un corto circuito tra le possenti mura del castello, sature di memoria, e la bellezza immateriale di una trama luminosa in movimento, un’apparizione caleidoscopica ha ridefinito i contorni dello spazio, trasportando il pubblico incontro ad un altrove immaginifico. A farsi schermo magico era il pavimento in pietra del grande chiostro a pianta ottagonale, piano d’astrazione in cui si intrecciavano motivi geometrici, forme organiche, colori fluo, effetti optical, sciami di microrganismi, strutture molecolari in divenire, nebulose, tempeste galattiche, frammenti di materia oscura ai raggi gamma. Un tappeto liquido in cui smarrire il centro e le coordinate. Inseguendo l’origine del mondo.
Helga Marsala
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