The Black Cloud. Su nuvole e privacy
Oggi l’esigenza critica verso i media digitali supera l’entusiasmo da Ceo d’altri tempi per verificare le innovazioni prodotte dall’industria digitale. Ci s’interroga sulla trasformazione delle “idee comunicative” (come i social network) in solide aziende multinazionali in lotta fra loro e sempre più intrecciate ai grandi sviluppi e interessi commerciali. Il nerd-hipster/style si trasforma in businessman/pradavestito.
Si apre lo scontro sulla privacy così come sulla vendita di prodotti digitali in “cloud”. Il cloud (salutato prima come un ulteriore passo verso la smaterializzazione del mercato) si scontra sulla normativa della privacy e sulla pratica disinvolta di molte aziende nell’ingresso nei computer (e relativo prelievo di dati). La password che dobbiamo fornire per scaricare aggiornamenti è davvero al sicuro quando Google e altri network forniscono informazioni alle industrie come ai governi? La conseguenza potrebbe essere il controllo complessivo di enormi quantità di dati. Un elemento del cloud è la pratica dell’affitto/software, con costi alti dato che lo sviluppo dell’immagine richiede una molteplicità di software intrecciati.
Certo, esistono soluzioni legate al mondo scolastico, ma i costi restano. Né i software sono così innovativi come nel passato. Stiamo utilizzando delle varianti già in atto da molti anni e che dovrebbero avere oggi un costo accessibile. Chi controlla il cloud è in grado di chiudere l’accesso di funzioni e di costi. Anni fa in un piccolo centro accadeva che i cortocircuiti della centrale elettrica facessero saltare le lampadine. Si venne a scoprire che il sindaco era parente del negoziante che vendeva le lampadine.
Chi fa saltare i nuovi circuiti digitali? Dalla fine di maggio la vendita dei software Adobe è limitata e spostata sull’affitto in cloud. E ai software venduti (con licenza) non saranno più forniti aggiornamenti. Ma come si è formato il monopolio di Adobe? Come mai fra tanti hacker e clonatori e inventori non si è formata un’alternativa a questo monopolio? La “nuvola nera”, il “black cloud”, può diventare una forma più perfezionata del Big Brother orwelliano. Non si punisce l’infrazione dopo. Si controlla e si coordina prima.
Lorenzo Taiuti
critico di arte e media
docente di architettura – università la sapienza di roma
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #21
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