L’atelier di Vermeer disabitato? L’Ultima cena di Leonardo senza commensali? Josè Manuel Ballester svuota i capolavori della pittura. Ed è subito mania…
Chissà che ne sarebbe, dei grandi capolavori della storia dell’arte, se per incanto venissero “depredati”: dei loro personaggi, delle figure, delle storie raccontate e tramandate, nei secoli. La materia viva di una grande tela scivolata via, improvvisamente, oltre la cornice. Rimarrebbe il vuoto, un gran silenzio, scene sospese e spoglie, ma piene di memoria. Familiari […]
Chissà che ne sarebbe, dei grandi capolavori della storia dell’arte, se per incanto venissero “depredati”: dei loro personaggi, delle figure, delle storie raccontate e tramandate, nei secoli. La materia viva di una grande tela scivolata via, improvvisamente, oltre la cornice. Rimarrebbe il vuoto, un gran silenzio, scene sospese e spoglie, ma piene di memoria. Familiari ed estranee a un tempo.
Ha provato a capirlo davvero Josè Manuel Ballester (Madrid, 1960), artista spagnolo innamorato del senso della mancanza, della solitudine, del tempo come astrazione: elementi che tornano nelle sue fotografie di spazi urbani o architettonici – alcune sono in mostra, fino al 19 dicembre, alla Galerie Pascal Vanhoecke di Cachan – nei dipinti – nature morte e paesaggi desolati – o nelle foto digitali. Proprio a queste ultime appartiene la serie “The Hidden Spaces”, ultimamente rimbalzata tra social, blog e siti internazionali. Classico caso “virale”, diffuso a velocità grazie a migliaia di interazioni: sulla pagina Facebook di Artribune, ad esempio, un post dedicato a Ballester ha raggiunto nel giro di pochi giorni oltre 3.200 condivisioni, 400mila visualizzioni e una pioggia di like e commenti.
Ma cos’hanno di così speciale questi lavori? Dipinti straordinari si tingono di mistero e funzionano, per l’occhio, come calamite. Il vuoto che potenzia la visione? La presenza dell’assenza? La prospettiva sulle immagini che cambia? Una nuova profondità che viene, eliminati i dettagli?
Resta vacante la stanza de Las Meninas di Velàsquez: sparita la famiglia reale in posa e sparito il pittore di corte; un paesaggio mesto, senza più fiori né creature mitologiche, per la povera Venere del Botticelli: desaparecida anche lei, con la conchiglia rimasta a galleggiare; il sacro desco de L’ultima Cena di Leonardo è disertato da Gesù e dagli Apostoli, mentre L’atelier di Vermeer resta un interno domestico borghese, senza più volti né storie da spiare; e poi Guernica di Picasso, ridotto a un collage di poche forme superstiti, ancora Velàsquez, con il Cristo crocifisso senza Cristo, la Zattera della Medusa di Géricault, che ha visto annegare i suoi naufraghi, o ancora l’inquietante fucilazione del 3 maggio 1808 di Goya, di cui resta una lanterna al suolo, fra una chiazza di sangue e l’eco degli spari. Spazi occulti, che dopo un intervento artificiale si rivelano in tutta la loro nudità. Intuizione geniale o solo una buona trovata?
– Helga Marsala
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