Scambi di scena. Antonio Rezza e Flavia Mastrella fra Castellani e Christo
Per la rubrica “Scambi di scena”, niente di più adatto di “Fratto_X”, il nuovo lavoro di Antonio Rezza e Flavia Mastrella. Un non-spettacolo in cui il teatro è solo una comodità.
Fratto_X di Antonio Rezza e Flavia Mastrella non è uno spettacolo, il teatro è solo una comodità, un optional. È piuttosto un incontro di performance, l’esito di una relazione anarchica tra i due artisti, un dialogo abitato di scultura e corpo. Nello spazio, il più ampio possibile. Al centro del palco c’è la X costruita con i teli della Mastrella. Punto nevralgico in cui è precipitato il paracadutista Rezza, catapultato dal mondo astratto in cui la parola è un cortocircuito e la sintassi un “fratto” che nasconde una verità dolorosa.
Spazio dunque da abitare con lunghe stoffe elastiche che ora sono costumi, ora paraventi e quinte, ora orizzonti che dividono e separano le forme. La forma è il telo, la sostanza è un pensiero ossessivo che tocca i temi cari al duo: il potere, la comunicazione stereotipata, le ansie della contemporaneità, la polizia. Nessun impegno politico però perché altrimenti il testo e il copione sarebbero comodo percorso per uno spettatore sonnolento.
Al pubblico è chiesta immaginazione e soprattutto velocità di pensiero per cogliere le immagini. Quali? La storia del contemporaneo ci soccorre. I teli sono sensibili alla luce come un’opera di Enrico Castellani, producono volume, tridimensionalità con estroflessioni come quelle dell’artista eremita. Bozzoli abitabili come abiti che lasciano scie luminose e si allungano come figure surrealiste. C’è Lucio Fontana in quei tagli da cui non spunta l’infinito ma la carne umana di Rezza. Una carneficina in realtà. Carne parlante per muscoli, sudore e nudità. Sotto i teli scorre l’umano, sopra i teli l’umano arranca, cerca, domanda. Rezza sbuca da bende lattiginose, boccheggia la vita non ancora distesa. Il suo corpo si allunga nelle figure di Rita da Cascia: corpo fluido come le forme di Dalí, che diventa luce e colore. Teli e spazio dentro cui si muovono anche gli oggetti inutili come le macchine di Tinguely ma con la leggerezza estatica di quelle di Munari o Calder. Sculture del disincanto e della disillusione che, come quelle di Melotti, assorbono i non sensi del presente.
Ma è l’energia e il ritmo che deve seppellire tutto nelle risate degli spettatori. Il pubblico, cosa meravigliosa, ride in absentia: Rezza con un trono mobile si allontana dal palco per otto minuti muovendo da dietro le quinte gli umori dei presenti. Come Studio Azzurro dirige il pubblico, lo illumina per creare storie, lo usa e lo muove, ne direziona aggressivamente lo sguardo obbligandolo a guardare cosa e chi. Potenza del corpo che, come quello di Vito Acconci, occupa gli spazi, antropomorfizza le superfici lasciando segno di sé. I suoi vocalizzi faticosissimi sono la voce di muscoli portati allo stremo, al limite come per l’artista newyorchese.
La voce al posto dell’attore. Un segno in assenza, come le sindoni di Klein qui diventate veli su cui giocare la parodia tra Bibbia e Barbapapà. Energia che diventa glossolalia, citando ancora gli esperimenti sonori di Artaud, o racconto strampalato che dice di cavalli da sodomizzare, polli con peperoni, polizia che mena, madri ansiose e una serie tv sui fratelli Karamazov. Sono le idiosincrasie di sempre, dissociazioni sul mestiere dell’“attore”. Già, perché la schizofrenia tra Rocco e Rita è la fine del personaggio e poi del teatro. Quel che resta è la spensieratezza. Un minotauro di tessuto, avvolto come un’opera di Christo, Lazzaro che crede nella resurrezione della ragione ma non in quella dell’umanità, costretta sotto il fratto del titolo. Sotto e sopra si boccheggia, il bozzolo della speranza non si schiude.
Simone Azzoni
Torino // dal 22 al 24 gennaio 2015
Antonio Rezza e Flavia Mastrella – Fratto_X
TEATRO ASTRA
Via Rosolino Pilo 6
011 5634352
www.fondazionetpe.it
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