AltaRoma abbandonata dal Comune. L’intervento di Clara Tosi Pamphili
Ieri vi abbiamo raccontato la triste vicenda di un Comune che, senza spiegazioni, lascia a piedi una manifestazione come AltaRoma, fucina di creatività e volano per un indotto fondamentale. Ora ospitiamo l’intervento di Clara Tosi Pamphili, collaboratrice della rubrica moda proprio qui su Artribune e membro del CdA della manifestazione.
Sono entrata nel Consiglio di Amministrazione di AltaRoma per volere della Provincia di Roma, in quel momento presieduta da Nicola Zingaretti. Credo di esser stata scelta per un lavoro fatto sul territorio di ricerca sulla creatività e sulle mie “referenze” di docente in luoghi dove era stato possibile sperimentare la trasversalità tra arte, design e artigianato: l’Accademia di Costume e di Moda come la Facoltà di Disegno Industriale di Architettura a Roma.
Dico questo perché certe istituzioni sono in grado di leggere le potenzialità di alcuni strumenti, capiscono che anche una fashion week possa determinare situazioni di crescita e sviluppo per un luogo, non solo di spettacolo di quello che tanti reputano superfluo.
In questi anni AltaRoma è cresciuta, in perfetta sintonia con la presidenza di Silvia Fendi, che in se stessa incarna uno dei migliori modelli di storia, creatività e capace managerialità, ha rafforzato quell’intento di ricerca in un sistema che è cresciuto visibilmente e che si stava mettendo a punto su dati precisi.
Non vorrei diminuire il valore delle “sfilate” ma vorrei far capire che Roma era arrivata ad avere un’identità unica nel panorama della moda, tanto da esser scelta come luogo dove l’Herald Tribune ha ospitato il suo congresso mondiale sul lusso due anni fa: Roma aveva dimostrato l’evoluzione del concetto di lusso, era stata capace di dimostrare la forza della storia del prodotto, aveva usato con disinvoltura archivi e spazi “antichi”, aveva dialogato con l’arte contemporanea rispettandone le regole e quindi era un modello. Roma come modello di sviluppo. Oggi sembra assurdo che qualcuno non sia in grado di leggere tutto questo, che non si riesca a guardare oltre la parola moda e vedere all’aspetto economico, culturale e formativo. È semplicemente spaventoso, fa paura pensare di essere guidati da miopi che non conoscono la strada, cha sanno andare solo dritti su vecchie rotaie di un binario morto; non sanno leggere le mappe del futuro e fanno sprofondare questa città in un burrone amministrativo.
Il Comune di Roma nella figura di Risorse per Roma non si è presentato in assemblea il 19 dicembre, gli altri due soci sì: Regione Lazio e Camera di Commercio ci hanno detto che avrebbero ridotto il contributo, cosa assolutamente comprensibile visto il momento, ma erano lì. Esserci il 19 dicembre prima di Natale con la manifestazione a poco più di un mese è un segno di responsabilità da parte di un’istituzione, ma è soprattutto un segno di rispetto nei confronti di designer, sarte, tecnici di sala, parrucchieri, fotografi, giornalisti, baristi, operatori della comunicazione, ristoratori, studenti e professori delle accademie, gallerie d’arte, artisti, autisti, albergatori, musicisti, elettricisti…
Dev’esserci una reale convinzione che tutto questo sia superfluo per non presentarsi, per non fornire alcuna nessuna spiegazione. Si parla di necessità di un coinvolgimento dei privati. È giusto, giustissimo: Milano funziona con una Camera della Moda dove le maison danno un contributo economico enorme, Firenze grazie a un lavoro che ha dimostrato grandi capacità, e ha goduto anche di un forte sostegno da parte del Ministero delle Attività Produttive. Noi ci stavamo arrivando. Ci stavamo arrivando con progetti seri e strutturati: A.I.- Artisanal Intelligence, che monitorava i giovani facendoli dialogare con le strutture storiche come le sartorie di spettacolo e l’arte contemporanea; Room Service, che offriva la possibilità di vendere direttamente in un contesto glamour che si appoggiava alla realtà alberghiera; Limited Unlimited, che raccontava l’evoluzione dei giovani diventati grandi in allestimenti colti e glamour; e Who’s on Next, il concorso in collaborazione con Vogue da cui sono usciti tutti i nuovi talenti degli ultimi anni.
Tante storie bellissime di artisti designer, capaci di generare il nuovo perché messi in un circuito di osservazione e promozione graduale e strutturato. Un lavoro che ha portato a un incremento fondamentale della stampa internazionale a Roma, capitale di un Paese dove la moda rappresenta con il suo indotto la seconda voce di bilancio nazionale. C’era tanto: ricerca, sviluppo, turismo, economia e cultura. Vorrei citare il successo di una sfilata della maison Valentino ispirata ai Magazzini del Teatro dell’Opera, un luogo pressoché sconosciuto dove sono custoditi i costumi della storia del teatro italiano, aperta da Altaroma e scoperta da Valentino e dalla stampa di tutto il mondo: un archetipo che ha generato nuova creatività. Forse, oltre che ai privati, dovremmo parlarne con il CNR o con chi è in grado di determinare che quello che stava facendo AltaRoma era pura ricerca per lo sviluppo.
Cosa accadrà è semplice: si chiuderà una scuola, un laboratorio, una fabbrica, perché magari si pensa che strategicamente è meglio vendere le quote di questo patrimonio ad altre città. Vendere per sopravvivere un mese invece di investire per vivere anni. A chi aveva già iniziato a lavorare per sfilare (una collezione costa decine di migliaia di euro), a chi ha creduto in questa evoluzione del sistema, stiamo rispondendo noi, dicendo che speriamo in una dichiarazione esplicita e formale del Comune di Roma che ci metta in condizioni di poter andare avanti con la stessa passione ma con il dispiacere di convivere con chi fa di tutto perché di questa città si raccontino solo brutte storie.
Clara Tosi Pamphili
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