L’immagine che siamo (e che non siamo). Un libro Carocci, editore a rischio

Riunendo contributi molto eterogenei, “L’immagine che siamo” si profila come un articolato excursus nella ritrattistica. Il genere è osservato con una affascinante pluralità di approcci: dalle considerazioni di natura identitaria alle ricostruzioni di carattere storico, dalle analisi estetico-filosofiche e propriamente artistiche fino ai riflessi dei traguardi della scienza sulla soggettività contemporanea.

Il concetto di immagine è evidentemente polisemantico, aprendo a una gamma di considerazioni decisamente ampia. Per Gottfried Boehm, autore del primo saggio, l’immagine assume la forma del ritratto, all’interno del quale lo sguardo ha una funzione altamente qualificante non solo come caratteristica peculiare dell’effigiato ma anche come elemento che anima la rappresentazione. Su questa linea, lo studioso procede con vari esempi che ripercorrono le evoluzioni del genere, a partire dal “minimo di faccialità” delle maschere per arrivare alle opere d’arte ottocentesche, punti di arrivo della caratterizzazione emotiva.
“It takes a long time for a man to look like his portrait”: con questa citazione da James Abbott McNeill Whistler si apre il saggio di Michele Di Monte, che si sofferma sull’ambivalenza della nozione di mimesi: il ritratto è per definizione la copia di un originale, quindi una sua contraffazione; non può riprodurre l’essenza dell’individuo, ma tutt’al più ne coglie un riflesso esteriore per quanto vivido possa essere. Eppure, nel riprodurre le fattezze di qualcuno, allo stesso temp, permane un elemento di verità. Ne risulta una contraddittorietà strutturale.
Eugenio La Rocca e Michael Squire ripercorrono la storia della ritrattistica antica, dalle immagini di profilo tratte dalla numismatica alle caratterizzazioni personalizzate dei busti-ritratto d’epoca romana. Bisognerà aspettare l’età moderna per ritratti individuali pienamente non stereotipati. Il contributo di Henri de Riedmatten si concentra sugli autoritratti di Francis Bacon, che detestava a tal punto il proprio viso da arrivare a rappresentarlo sempre più deformato, a brandelli, fin quasi a polverizzare integralmente le proprie fattezze. L’analisi di Maria Giuseppina Di Monte accosta, in un interessante confronto, Francis Bacon e Alberto Giacometti: artisti dalle poetiche molto diverse, accomunati da una sofferta interpretazione del corpo. Bacon ne esaspera i connotati fino a destrutturarlo, Giacometti lo traspone in forme essenziali, quasi immateriali.

L’immagine che siamo. Ritratto e soggettività nell’estetica contemporanea - Francis Bacon

L’immagine che siamo. Ritratto e soggettività nell’estetica contemporanea – Francis Bacon

Giulio Paolini risulta essere invece artefice di forme di ritratto-protratto, come racconta Tiziana Migliora: l’artista raffigura se stesso rappresentando simultaneamente qualcos’altro, stravolgendo così radicalmente il concetto tradizionale. Il ritratto viene inteso da Tonino Griffero in termini squisitamente percettivi, come “irradiazione atmosferica”, poiché è in grado di azionare meccanismi di comunicazione con il proprio tali da oltrepassare l’atto del vedere in senso stretto.
Nel saggio conclusivo, frutto di una ricerca, entra in gioco la scienza: gli interventi di chirurgia facciale, da quelli estetici alle ricostruzioni dopo fatti traumatici, arrivano a toccare, sia esteriormente che non, la nostra identità. Il volto oggi diventa così manifestazione dell’immagine che siamo e, simultaneamente, che non siamo.

Giulia Andioni

a cura di Maria Giuseppina Di Monte, Michele Di Monte e Henri de Riedmatten – L’immagine che siamo. Ritratto e soggettività nell’estetica contemporanea
Carocci, Roma 2014
Pagg. 200, € 24
ISBN 9788843069903
www.carocci.it

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Giulia Andioni

Giulia Andioni

Giulia Andioni (Roma, 1985) è storica dell’arte e guida turistica di Roma e provincia. Dopo la maturità classica, consegue la laurea triennale in Storia e conservazione del patrimonio artistico (con lode - tesi in Storia e tecnica del restauro) e…

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