Robbie Williams. Della sparizione dell’artista o della sua moltiplicazione

Il nuovo artista di grido della scena internazionale? O nessuno? O centomila? Di chi è la mostra? Al Museion di Bolzano una sottile riflessione sulla produzione di progetti culturali non smetterà di porre domande sulla natura del mondo dell'arte.

Chi è l’autore di un’opera d’arte? Colui che la realizza materialmente o colui che la concepisce concettualmente? Si può parlare di un processo di produzione culturale simile a quella industriale? Se sì, a che punto della catena si inserisce la creatività? La paternità di un’opera risiede totalmente nell’artista oppure va polverizzata in una costellazione di attori coinvolti? Fino a che punto la materialità e la tecnica contano nella produzione di un’opera d’arte? E in definitiva cos’è un’opera d’arte?
Queste e molte altre domande emergono dalla personale di Robbie Williams al Museion di Bolzano. Ma chi è Robbie Williams? Il cantante che si è messo a fare l’artista contemporaneo? Oppure un nuovo caso di quasi-omonimia tra arte e spettacolo come già accaduto per Paul McCarthy, Kris Martin e James Brown? Più semplicemente Robbie Williams è un finto artista, un semplice nome di sicuro appeal utilizzato per dare omogeneità a questo profondo e complesso progetto espositivo.
Il tutto è stato concepito da Natascha Sadr Haghighian (Sachsenheim, 1968) che, dopo aver conosciuto l’attività di Uwe Schwarzer, un professionista esperto nella produzione di opere per artisti di fama internazionale, ha deciso di coinvolgerlo nella realizzazione di un prodotto culturale fittizio. Se quindi solitamente Schwarzer mette a disposizione le sue competenze per materializzare il pensiero degli artisti in opere concrete, in questo caso ha contribuito a creare una mostra che dietro di sé non ha che un nome vuoto, quindi nulla.

Solo Show Robbie Williams - Exhibition view, Museion 2014. Collezione Gino Viliani. Foto Luca Meneghel

Solo Show Robbie Williams – Exhibition view, Museion 2014. Collezione Gino Viliani. Foto Luca Meneghel

Ma siamo proprio sicuri che sia così? Perché a fronte di un colophon minimal su cui è riportato solo il nome del fantomatico Williams, esiste anche il suo doppio: un lungo elenco in cui la Haghighian ha cercato di riportare tutte le persone coinvolte nella realizzazione della mostra. A chi spetta quindi la paternità di tutto ciò?
Il Solo show di Robbie Williams e le pubblicazioni che lo accompagnano fanno emergere tutta una materialità e una produzione che spesso tendiamo a rimuovere in una concezione ancora romantica dell’arte. Ciò che forse riesce più facile ammettere nel mondo dell’architettura o ancor meglio nel cinema, viene semplicemente dimenticato nei territori della “pura” arte. Inoltre l’attività di Schwarzer ricorda come, a fronte della tradizionale creatività ideativa, si inseriscano nella produzione e installazione di un’opera numerose altre creatività, tenute abilmente nascoste. Ciò perché in definitiva è più semplice promuovere, comunicare e vendere un lavoro realizzato da un’unica persona con un nome e un cognome ben preciso. Secondo questa visione l’autorialità consisterebbe, né più né meno, nella responsabilità dell’artista che ci “mette la faccia”, facendosi carico di onori e oneri che conseguono dall’aver firmato una determinata opera.
Persino l’idea più astratta ha bisogno quindi di una forte dose di materialità, e se negli ultimi decenni sembra che il mezzo d’espressione sia un aspetto trascurabile dell’opera, l’esistenza di un’attività di successo come quella di Schwarzer dimostra quanto la tecnica continui ad avere la sua importanza, nonostante venga ormai esternalizzata come nella più normale azienda produttiva. I problemi tecnici e legati ai materiali ci sono ancora, solo gli artisti non hanno più tempo, competenze o voglia di occuparsene direttamente.

Solo Show Robbie Williams - Exhibition view, Museion 2014. Collezione Gino Viliani. Foto Luca Meneghel

Solo Show Robbie Williams – Exhibition view, Museion 2014. Collezione Gino Viliani. Foto Luca Meneghel

La mostra di Williams parla di un mondo dell’arte molto più concreto di quello che si pensa che, lungi dall’essere un universo di pure idee, può addirittura dare luogo a materiali ed estetiche slegate da intenti precisi. Le opere esposte, infatti, pur non avendo poetiche alle loro spalle, funzionano perfettamente e corrispondono a ciò che ci si aspetta di incontrare in uno spazio espositivo contemporaneo. Haghighian e Schwarzer hanno costruito una cornice perfetta attorno al vuoto di un artista inesistente, aprendo il campo a una proficua discussione su molti aspetti della produzione culturale.
Una possibile conclusione è che la tecnica può avere ancora importanza nel porre limiti a una facilità e arbitrarietà produttiva che rischia di rendere potenzialmente realizzabile qualunque cosa a patto di pagare. Immergersi profondamente nelle problematiche della produzione parallelamente a quelle dell’espressione permetterebbe così di ottenere quel necessario collegamento tra forma e contenuto che ci si attende da una seria produzione artistica.

Gabriele Salvaterra

Bolzano // fino al 1° marzo 2015
Robbie Williams – Solo Show
da un progetto di Natascha Sadr Haghighian e Uwe Schwarzer

MUSEION
Via Dante 6

0471 223413
[email protected]
www.museion.it

MORE INFO:
http://www.artribune.com/dettaglio/evento/37710/natascha-sadr-haghighian/

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Gabriele Salvaterra

Gabriele Salvaterra

Gabriele Salvaterra (Trento, 1984) è scrittore e mediatore culturale. Si laurea in Gestione e Conservazione dei Beni Culturali presso l’Università di Trento con la tesi “Internet e nuove tecnologie nel settore museale. Ipotesi e strumenti per un approccio immateriale alla…

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