Berlinale 2015. Alexey German, la Russia contemporanea raccontata ad un’élite
Il cinema colto di Alexey German. Pieno di citazioni e di suggestioni storiche. Ma troppo snob. Un film che non riesce ad arrivare al grande pubblico, perdendo poesia. E poi il simil-western di Radu Jude
Under Electric Cloud di Alexey German ha convinto a pieni voti la critica, ma ha una forma poco fruibile per il grande pubblico. L’intenzione del film – ovvero quella di riassumere, contenere, criticare la storia degli ultimi cento anni della Grande Madre Russia – in qualche modo fallisce dunque i suoi obbiettivi, essendo leggibile solo per un ristretto giro di iniziati. Compiacersi del proprio codice è un balsamo per critici e giornalisti di settore, e in questo senso il film è una rivincita della cultura sull’ignoranza di massa, ma il limite resta iscritto proprio sul piano del linguaggio. Pesante nel suo incedere letterario, diviso in sette capitoli caotici privi di legame consequenziale, il film è carico di citazioni, nomi, riferimenti.
German fa poi una personalissima e organica scelta fotografica firmata da Evgeniy Priniv e Serghej Michal’Chuk, pregiudicando però, in modo irreversibile, l’impatto di qualsiasi pubblico che non sia profondamente intellettuale.
L’opera è coraggiosa ma in in qualche modo anche molto presuntuosa. Errore che sia The Postman’s White Nights di Konchalovsky che Leviathan di Zviaginstev (altri due grandi film russi, presenti ai a Venezia e Cannes) avevano sapientemente evitato.
L’altro film in concorso della giornata è AFERIM! di Radu Jude, il singolare simil-western rumeno ambientato all’inizio del XIX secolo, dove un padre e un figlio sono alla ricerca di uno zingaro rom. Un viaggio che alterna toni tra l’ironico e il duro, l’ingenuo e il picaresco, facendo luce su un capitolo poco conosciuto della storia della Romania.
Federica Polidoro
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