In cerca di regali preziosi per San Valentino? Ci pensa Damien Hirst. Che a Londra vende multipli con cuori e farfalle. Apoteosi commerciale?
Celebrato dal sistema, adorato da tanti, indigesto per alcuni, incarnazione di una certa sensibilità estetica, importasi tra la fine del Novecento e l’inizio del secolo nuovo, Damien Hirst è un’icona di quel rapporto controverso e capovolto tra arte e mercato, col secondo a fare da traino e unità di misura. E Hirst – tra gli […]
Celebrato dal sistema, adorato da tanti, indigesto per alcuni, incarnazione di una certa sensibilità estetica, importasi tra la fine del Novecento e l’inizio del secolo nuovo, Damien Hirst è un’icona di quel rapporto controverso e capovolto tra arte e mercato, col secondo a fare da traino e unità di misura. E Hirst – tra gli artisti più pagati al mondo – è anche, nell’immaginario collettivo, il profeta di un neo-concettuale estremo, imbevuto di cinismo e di passione, di morte e di vita, di ossessioni eterne e quotidiane, di violenza sottile e gusto estetizzante.
Cosa rimanga di tutto questo, oggi, viene spontaneo domandarselo, sbirciando tra gli spazi della londinese Paul Stopler gallery, dove tra il 9 e il 21 febbraio è in corso la mostra Damien Hirst LOVE. Date inequivocabili, giusto nella settimana di San Valentino, e ancora più eloquenti le opere. Una galleria colorata di stampe a tiratura limitata, in parte serigrafate, in parte con interventi a foglia d’oro: cuori e farfalle a gogo, con una palette zuccherosa di azzurri, rosa, rossi, gialli tenui, violetti, perfetti per coccolare collezionisti romantici, in cerca del regalo con cui stupire davvero. A completare il tutto due maxi pillole a forma di cuore, in cui è impresso – giusto per ribadire il concetto – un grazioso cuoricino e la scritta “YU4EVA”. Versione rosa shocking e rosso lacca. Infine, il pezzo unico: un cuore anatomico di resina color porpora, trafitto da un dardo di balestra in acciaio, finta reliquia in formaldeide sigillata dentro un contenitore in vetro.
L’impressione? Balocchi per adulti, costosi, preziosi, variopinti, per una schietta operazione commerciale, a favore di coppie innamorate. Senza un’idea, senza ironia, senza un’intuizione. Senza nemmeno divertirsi col pop, muovendosi tra provocatorio e banale, tra leggerezza e senso. Bisogno di racimolare qualche soldo? Improbabile. Forse, semplicemente, la classica conversione dell’artista in brand, trovandosi nel mezzo di un sistema non più governabile: la macchina economico-mediatica procede, con le sue regole, i suoi piccoli compromessi ed i suoi ruffiani rendez-vous. E l’ex bad boy irriverente diventa griffe per palati chic. Pillole, farfalle, cuori sottovetro: dal caustico al dilettevole il passo è breve. A suon di cliché.
– Helga Marsala
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