Scambi di scena. Chi è Gospodin che dice sempre “merda”?
Questa settimana la rubrica “Scambi di scena”, curata da Simone Azzoni, ci porta a conoscere un personaggio misterioso. Si chiama Gospodin ed è protagonista dell’ultimo spettacolo di Giorgio Barberio Corsetti.
Nietzsche diceva che se un uomo avesse continuato a dire no sarebbe sicuramente morto. Gospodin non dice no, ma “merda”, ed è quanto basta per fare quasi la stessa fine.
Chi è Gospodin ce lo spiega l’ultimo lavoro di Giorgio Barberio Corsetti al Camploy nella rassegna dell’Altro Teatro: un don Chisciotte precipitato un fiaba paradossale. Ma dov’è Gospodin, il regista non ce lo dice. Ed è più interessante per i nostri scambi di scena.
Per i primi cinque minuti di spettacolo il pubblico non riesce a capirlo e Corsetti dà il meglio di sé dopo il lavoro dedicato al Castello di Kafka. Al microfono prima Valentina Picello e poi Marcello Prayer raccontano, ma assolutamente in differita, cosa fa Gospodin. Telecronaca traslata, contemporanea ma pronunciata da un fuoco diverso dall’azione. Moltiplicare i palcoscenici è tra i giochi preferiti di Corsetti. Un vero scambio di scena, le frontiere tra sfondo e proscenio sono frattali, confini labili. Creare sovrapposizioni e quindi spaesamento attraverso la tecnologia, medium fondamentale tra narrazione e azione. Non è più tempo di narrazione. Tanto vale spezzare la fabula come già fece Studio Azzurro con Corsetti (Camera astratta).
La drammaturgia contemporanea sembra fuggire ricordi, memorie e grandi storie. Marco Baliani ci diceva che per monologare occorrono scarpe di cuoio, scarpe che fan rumore per accompagnare le parole. Santamaria ha delle simil-espadrillas, in sintonia con quel recitato che rasenta il grado zero dell’espressività. Un naturalismo isterico, sporcato di romanesco. Si butta là, sottotono, con apparente sciattezza, la forbice che separa la quotidianità dagli ideali. E Gospodin è un leone in gabbia ma a cui Greenpeace ha preso un lama. Vittima di quell’omologazione profetizzata da Warhol, con Pasolini che aleggia intorno: non è libertà poter scegliere al supermercato. Warhol è la mercificazione di tutto e quella pioggia di oggetti sui tre pannelli sono anche il finale di Zabriskie point di Antonioni: un’esplosione di inutile consumismo prima di naufragare nel minimalismo. Ma nello scambio di scena si rincorrono anche citazioni a Oldenbourg e Ramos. Gospodin è Gesù tentato a Gerico dal denaro, Giobbe abbandonato su una montagna di quelle feci che Gospodin continua a nominare.
Magari Gospodin non ha mai letto Marx, il suo anticapitalismo è una terza via tra la sinistra radical chic, che frequenta pure certi teatri per specchiarvisi, e il fallimento di chi non ha seguito a suo tempo la lotta armata. Gospodin ha i suoi dogmi, austeri quanto ingenui e l’unico che sembra divertirsi in questa battaglia è proprio Corsetti con i suoi video proiettati sui sei pannelli. Spacciati per descrittivi sono in realtà porte che si schiudono nei mondi dell’arte povera di Kounellis, nella transavanguardia di Enzo Cucchi, passando per certi azzurri di Plessi. La videoarte non decoro né narrazione ma sfondamento verso l’immaginario non lineare, Esplosione dell’anarchica fantasia di Gospodin, esultanza estetica di un riuscito scambio di scena.
Simone Azzoni
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