Decisori fuori moda. L’editoriale di Cristiano Seganfreddo
La (temporanea) crisi di Altaroma è sembrata una messa in liquidazione a poche ore da sfilate e azioni già in calendario. Tipico caso all'italiana di distruzione di capitale costruito e di investimenti sostenuti per anni. Chissà se altre capitali farebbero lo stesso…
L’affaire Altaroma si è consumato mentre si raccoglievano i successi internazionali della mostra Bellissima al Maxxi, dedicata alla moda dal ‘45 al ’68 (in corso fino al 3 maggio).
Il percorso colto e sofisticato, e per questo a prova di critica e di lamentale, ha destrutturato l’idea nostalgica degli anni di creazione dell’immaginario italiano con occhi contemporanei. Fontana, Alviani, Capogrossi a terra, ai piedi di manichini con i vari Capucci, Fendi, Valentino, Marucelli, Sorelle Fontana. Non protetti dalla loro aurea ma nella normalità di quella che è stata un’epoca extraordinaria di triangolazione naturale tra moda, fotografia, arte, design, grafica. Nulla di museale e tremendamente distante o arrogante. Ma una sintesi perfetta di futuro del Paese, quella messa in scena da Frisa, Tonchi e Mattirolo, compreso un catalogo stupendo, in un rosa shocking esaltante.
Una creatività articolata e complessa che entrava nella vita e nelle fabbriche, e che costruiva fisicamente l’idea dell’industria culturale che oggi è tanto di moda ma che è un’invenzione tipicamente nostrana. Tra manifattura, competenze, visioni.
Bene, ma il problema è a monte. Per politici e intellettuali parlare di moda in Italia è come conversare di uno sport da ricchi e snob. Come fosse il polo. Sembra sempre un percorso che non ha impatto sulla cultura e che non c’entra con la cultura. Si storce il naso: immaginate cosa succede vedere un Fontana al fianco di un manichino. Pare sempre una diminutio culturale.
Oggi la moda è invece uno strumento potentissimo con un impatto economico incredibile. Parliamo in Italia di un indotto di milioni di persone e molti punti percentuale del Pil. Ma è anche uno degli strumenti più evoluti di comunicazione e marketing internazionale per una città e un Paese, come ricorda sempre l’ambasciatrice Maria Luisa Frisa.
Pensate agli investimenti globali di UK, Belgio o Corea, che provano a costruire qualcosa di nemmeno comparabile al nostro esistente, ancor bellissimo. Peccato che siano tutti settori fuori dal radar dei decisori italiani e non solo.
Cristiano Seganfreddo
direttore del progetto marzotto
direttore scientifico del corriere innovazione
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #23
Abbonati ad Artribune Magazine
Acquista la tua inserzione sul prossimo Artribune
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati