Live Arts Week. Tra reenacment e prime nazionali, a Bologna
Giunta alla quarta edizione, la kermesse bolognese firmata Xing rilancia. Sul piatto la riedizione di un celeberrimo happening di John Cage, un mix di filologia e ultime generazioni alla ricerca dell’opera d’arte totale. Poi un programma cangiante fatto di eventi aperti dove autori e fruitori si scambiano i ruoli, mentre palchi, scenografie e scritture lasciano il posto ad azioni non controllate, abiti-scultura e libere forme sonore.
Sono passati quattro anni da quando abbiamo iniziato a fare i conti con Gianni Peng, l’identità mutante che accompagna il percorso di Live Arts Week. Né festival, né palinsesto rigido, piuttosto un insieme eterogeneo di performance che presentano gli esiti recenti della ricerca contemporanea internazionale. Gianni Peng IV è un portiere di calcio, scrive Franco Farinelli, “guardiano della soglia, sa o meglio ricorda di trovarsi sul limite che divide lo spazio dal mondo”. E cosa fa l’arte, diciamo noi, quando è sperimentale, se non spostare i confini? Il paragone calcistico del noto geografo continua e si spinge fino a includere il “cucchiaio”, lo dice chiaramente Silvia Fanti, sì proprio il rigore non rigoroso che esce dagli schemi e che con la sua traiettoria curva sarebbe l’inizio della globalizzazione.
Parte fondamentale di questa edizione è HPSCHD 1969>2015, un colossal, sostiene Daniele Gasparinetti, la riproposizione dell’opera multimediale orchestrata da John Cage in collaborazione con Lejaren Hiller. Un’impresa, chiarisce ancora Gasparinetti pungolato da noi, “tra la difficoltà della ricerca, la mancanza di materiali” e l’inattendibilità di alcuni testi. Scontrarsi con “partiture cageane sibilline” e con un momento storico di follia collettiva, la cui traduzione si è semplificata dopo l’incontro con Philip Corner, che fu uno dei sette clavicembalisti, inestimabile “il suo aiuto nel capire come funzionò quella macchina”. Per quanto riguarda il comparto sonoro con Valerio Tricoli, compositore e improvvisatore radicale, si è lavorato cercando di mantenere “la componente timbrica delle registrazioni originali” avendo chiaro il concetto che si tratterà di un “nuovo lancio dei dadi”, quei dadi che Cage stesso utilizzò pensando a Mozart.
Il tentativo in generale si inscrive in un percorso iniziato nel 2013 con Tony Conrad, proseguito con Ken Jacobs lo scorso anno che è frutto delle passioni condivise da Gasparinetti e Andrea Lissoni “sulla ricerca archeologica sull’effimero, in particolare sull’Expanded Cinema”. Per il visivo invece l’attenzione si è concentrata sulla millenial generation, ovvero la presentazione coadiuvata da Enrico Boccioletti di una serie di personalità legate a doppio filo al multimediale, tra cui Yuri Pattison, Seth Price, Ogino Knauss, Riccardo Benassi e Roberto Fassone. L’evento inaugurale avrà luogo martedì 21 aprile nella Sala delle Ciminiere del MAMbo, dove rimarrà installato come mostra fino al termine della settimana.
Il programma nella seconda location individuata, l’ex Ospadale dei Bastardini, è quanto mai fitto, tanto da poter abbracciare le categorie di sonno e veglia, di allargamento e restringimento della fruizione, sulle quali la manifestazione, a detta anche dell’assessore alla Cultura Alberto Ronchi, lavora e insiste da tempo. Fuori da inflessibili costrizioni curatoriali, gli artisti e i gruppi invitati sono riuniti dalla costante del “gesto incontrollato”, ricorda Fanti, e a volte riportano alla luce esperimenti passati, “elemento non così diffuso nelle performing arts”.
Xavier Le Roi torna a Bologna per presentare una lecture/performance basata sulla coreografia Untitled del 2005. L’analisi del termine “comunità” è al centro del lavoro di Vera Mantero, influente danzatrice portoghese, che riflette sul rapporto tra attori e pubblico. Il giovane Gábor Lázár porta una delle sue composizioni per computer definite come “techno intelligente” per il minimalismo e le citazioni colte che le contraddistinguono. Sempre sul fronte sonoro, l’ambiente Squama Mosaico di Francesco Cavaliere, un racconto fantastico realizzato con un alfabeto visivo fatto di minerali, piante, pianeti che spinge sulla componente percettiva. Nel caleidoscopico panorama che abiterà le stanze ornate e sciupate dell’ex Ospedale vanno segnalate anche Bergman in Uganda di Markus Örn, che riprende la figura del commentatore di pellicole tipica dei villaggi remoti dello stato africano applicandola alla cinematografia d’autore europea, e Fronterizo 1 & 2, stazione performativa mobile creata dal gruppo mk e dall’artista Luca Trevisani che alternerà conferenze, azioni e coreografie.
Ancora una volta siamo certi che chi deciderà di concedere l’attenzione all’esperienza targata Xing non se ne pentirà.
Claudio Musso
Bologna // dal 21 al 26 aprile 2015
Live Arts Week – Gianni Peng VI
www.liveartsweek.it
MORE INFO:
http://www.artribune.com/dettaglio/evento/43969/live-arts-week-iv/
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