Perché Edel?
Avevamo da tempo intenzione di fare una rivista. La nostra associazione, Calligraphie, si occupa da diversi anni di arte e letteratura, tramite un continuo esercizio critico e l’ideazione di eventi. Poi la nascita di un progetto editoriale in seno alle nostre attività, con collane dedicate a vari settori, dall’arte alla didattica alla poesia, è stata in questo senso determinante. Volevamo creare qualcosa che avesse una fisionomia precisa, che fosse di facile fruizione e insieme denso nei contenuti: uno strumento per riflettere sullo stato delle arti e delle letterature ma in forma di struttura empirica, mobile, a ridosso di ciò che accade e insieme dotata della opportuna distanza per poter esprimere un giudizio, per formulare un pensiero.
Il nostro modello di riferimento erano i manifesti primo-novecenteschi, dove teoria ed espressione artistica riescono a convivere felicemente nel medesimo spazio. È nata così Edel, un oggetto ibrido, che sta fra l’opera d’arte e la sua narrazione, con interventi che interessano i più disparati ambiti. Non senza la consapevolezza della provvisorietà intrinseca a questa come a qualunque altra sperimentazione. Del resto, da che mondo è mondo, le riviste per lasciare un segno devono aver vita breve…
In che senso perseguite una “pratica cristallina”?
Nel sottotitolo la parola ‘pratica’ vuole indicare la dimensione concreta di un esercizio e, aggiungerei, la sua necessità. La ‘pratica’ è un’esperienza ripetuta, che ha trovato la sua giustizia, la sua ragione. L’aggettivo ‘cristallina’ rimanda non tanto alla trasparenza, come sarebbe più ovvio, ma alla conformazione stessa del cristallo. Il cristallo è un minerale particolare: è un solido, ma contiene anche l’idea del rizoma, di una dispersione (il reticolo cristallino). L’espressione “pratica cristallina” descrive bene i presupposti della nostra ricerca: una prassi che partendo di volta in volta da un circoscritto campo d’indagine finisce per interrogare se stessa diffrangendosi in tante, e complesse, direzioni.
La rivista ha un formato piuttosto inusuale…
L’idea del formato deriva dal desiderio di far interagire più linguaggi e anche dalla nostra passione per i manifesti e l’arte tipografica in genere. Edel è un unico foglio ripiegato, che riporta sul fronte gli interventi degli autori e sul retro un’opera, diretta a offrire una sintesi iconica dei contenuti della rivista. Finora i manifesti sono stati realizzati da Francesco Bocchini, Federico Guerri e Massimiliano Fabbri. Quello del numero che uscirà a breve è di Claudio Ballestracci.
Gli artisti inoltre creano dei monotipi e delle stampe in serie numerate, quasi delle ulteriori rielaborazioni della prima immagine. Accanto al cantiere innescato dalle parole, si apre questo cantiere figurativo, le suggestioni si moltiplicano.
Come è avvenuto l’incontro con la Socìetas?
Con Chiara Guidi la collaborazione è iniziata nel 2014, durante Puerilia, il festival di puericultura infantile da lei ideato e curato. I lavori sono poi proseguiti con la creazione di un gruppo di pensiero, Libertà di movimento, altro tassello del suo Metodo Errante, che riguarda la possibilità di una azione educativa attraverso l’arte, il teatro e il racconto. Saputo del tema che avrebbe contrassegnato la settima edizione di Màntica, le abbiamo proposto di raccoglierne gli esiti, cosa che ovviamente non implica alcuna esaustività rispetto all’esperienza della rassegna e alle sue prospettive.
Perché vi interessa il tema della leggibilità dell’opera d’arte?
Diciamo che prosegue, ampliandoli ulteriormente, i temi di cui ci siamo fino ad oggi occupati. Nel numero zero di Edel gli autori si sono misurati con il concetto di contemporaneo, cercando soprattutto di chiarire cosa intendiamo quando applichiamo questo termine a una manifestazione artistica. In quelli successivi l’analisi si è centrata su due temi, il primo dedicato alla comunicazione e alle retoriche che mette in atto; il secondo invece riguardava la dialettica di realtà e rappresentazione, ruotando intorno a una precisa domanda: se ancora può darsi una capacità mimetica delle arti a fronte di una realtà che è stata definitivamente eclissata dal suo doppio mediatico e spettacolare.
Ora, il discorso sull’istanza critica e sulla responsabilità che appartiene al pubblico di farsi lettore di un’opera, di partecipare al suo svolgimento, ci sembravano davvero centrali per riposizionare il significato stesso del fare artistico all’interno delle nostre società.
Secondo quali parametri avete delimitato il campo d’indagine di ciò che è avvenuto al festival?
Più che di una selezione si è trattata di una prosecuzione del dialogo. Se Màntica rappresenta un osservatorio, questo numero di Edel vorrebbe configurarsi come un “osservatorio dell’osservatorio”, un’altra tappa del sentiero tracciato. Le interviste fatte ad alcuni curatori e artisti durante le giornate del festival svelano anche elementi che non erano immediatamente visibili, aprono altre questioni. Tutto diventa segno dell’inesauribilità di questo come di altri temi – una inesauribilità, anzi, una enigmaticità, che mi pare molto ben espressa dal manifesto che Claudio Ballestracci sta preparando per il terzo numero, dove tutto ciò che possiamo e tentiamo di dire a proposito dell’opera d’arte prende a liquefarsi, facendo ritorno alla sua strutturale indecifrabilità. Insomma, una rivisitazione della Stele di Rosetta, e dei suoi valori, in chiave contemporanea.
Questo numero segna una nuova strada per Edel: monografie nate in dialogo con una realtà culturale forte, altra da voi. Proseguirete in questa direzione?
Al momento vogliamo lasciare aperte entrambe le strade, sia lavorando in autonomia sia allacciando fertili relazioni con quelle realtà che sentiamo affini per ricerca e intenti. Possiamo già anticipare che è prevista una collaborazione con la prossima edizione della Biennale del Disegno di Rimini, a cura di Massimo Pulini. Edel cerca prima di ogni altra cosa di esprimere quella urgenza del pensiero che è insita nei nostri tempi, e bisogna riconoscere che in tantissimi casi le realtà che ci circondano sanno incarnarla perfettamente.
Michele Pascarella
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