La strage canina orchestrata da Kornel Mundruczo
Un film per bambini, con protagonisti tanti bei cani? Un horror che racconta la rivolta dei randagi? Né l’uno né l’altro, ma una via di mezzo. Non ci ha convinto l’ultimo film di Kornel Mundruczo. Ma che talento ha questo regista ungherese…
Hungarian Rhapsody No. 2 è tra le suite sinfoniche più familiari nella storia dei cartoni animati. Questa colonna sonora, una protagonista 13enne e un cane sono i tre ingredienti base della ricetta di White God – Sinfonia per Hagen, che a Kornel Mundruczo sono valsi il premio come miglior film nella sezione Un Certain Regard all’ultimo Festival di Cannes.
Se Dio è bianco, tutte le altre razze sono illegittime. I cani meticci sono stati tassati e messi al bando. Molti di loro, abbandonati al loro destino, vivono in balia di una ronda spietata. Hagen era un buon cane, fedele e affettuoso, ma quando si ritrova senza casa e senza padrone, passando di proprietario in proprietario in una spirale verso l’inferno, la sua cattiveria diventa proporzionale alle angherie che continuano a infliggergli. E non c’è modo per la piccola Lili di ritrovarlo, anche perché l’animale ha perso la sua natura docile e si è smarrito nel desiderio sanguinario di vendetta. I cani maltrattati si uniscono e insorgono, seminando al loro passaggio morte e distruzione.
A questo punto il film, che doveva essere per bambini, sterza per diventare un soft splatter/horror. In una conclusione implosiva dove tutti gli attori confluiscono in un unico spazio, il patio della macelleria dove il padre di Lili lavora come analista, ogni slancio vitale è portato al grado zero.
Sinfonia per Hagen finisce per sublimarsi in un’immagine stilizzata la cui interpretazione simbolica non è del tutto leggibile. La musica riporta l’ordine, la pace, ma dell’amore non c’è davvero più l’ombra: è notte, c’è il silenzio, tutti gli attori (animali e persone) sono stesi a terra come morti, arresi a una sorte ottusa, a una burocrazia che ha soppresso i sentimenti di fratellanza, rispetto e condivisione.
White God diventa così un ibrido. Non avendo un destinatario definito, manca dell’efficacia necessaria per avere un messaggio comprensibile e accettabile. Se, come dichiarato in maniera programmatica, doveva essere destinato all’infanzia, ha la gravissima colpa di essere privo di speranza e vittima della sua stessa critica. In effetti, l’autocensura applicata a molte scene porta a credere che il target previsto fosse effettivamente quello dei più giovani (infatti, se fosse stata una questione di tutela degli animali tout court, si poteva ricorrere a immagini sintetiche e a piccoli stratagemmi di computer grafica). D’altra parte, per un adulto è uno splatter o un horror d’impatto decisamente troppo debole. Insomma, gli elementi ci sono tutti, ma l’impressione generale è che, da una parte, per includere la maggior parte di audience, si sia ottenuto l’effetto contrario di non averne più nemmeno una. In seconda istanza l’incongruenza narrativa, invece di spiazzare, finisce per disorientare lo spettatore.
Comunque Kornél Mundruzco, classe 1975, è assiduo frequentatore (e vincitore) di festival. Nel 2002 si è aggiudicato un Pardo d’Argento col suo primo film, Pleasant Days. Con Johanna, musical sulla vita di Giovanna d’Arco, ha concorso nella sezione Un Certain Regard nel 2005. Nel 2008 Delta è stato in concorso a Cannes aggiudicandosi il premio FIPRESCI. Nel 2010 è tornato nuovamente in concorso con Tender Son – The Frankenstein Project. Essendo molto giovane e secondo la politica degli autori applicata a Cannes, non mancheranno chance di lasciarsi convincere da uno dei suoi prossimi film.
Federica Polidoro
Kornel Mundruczo – White God. Sinfonia per Hagen
Ungheria-Svezia-Germania | 2014 | 119’ | drammatico
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati