Biennale di Venezia. Il padiglione di San Marino raccontato da Vincenzo Sanfo
Vincenzo Sanfo dedica il suo progetto espositivo ai rapporti tra una delle più piccole repubbliche del mondo e una delle più grandi. Con “Friendship Project – China”, undici artisti rifletteranno conflittualità politiche, economiche e religiose.
Friendship Project, dopo quattro anni d’assenza, prevede di accomunare artisti sammarinesi e artisti cinesi – undici in totale –, creando una sorta di gemellaggio artistico-culturale tra una delle più piccole e una tra le più grandi repubbliche del mondo, la Repubblica Popolare della Cina. Il progetto vuol porre l’accento sulla necessità di collaborazione e dialogo tra i popoli. Friendship Project verrà riproposto nelle prossime edizioni, collaborando con la Russia nel 2017 e con gli Stati Uniti nel 2019.
Vincenzo Sanfo, curatore di questa edizione, ne rivela trame e pensieri.
Perché un progetto sull’amicizia tra i popoli?
Il tema del padiglione nasce dalla riflessione sulle conflittualità del nostro tempo, purtroppo sempre più diffuse sia sul piano religioso che politico-economico. Con San Marino, patria delle libertà e della pacifica convivenza, abbiamo inteso dare un messaggio di dialogo attraverso l’arte. Da questo presupposto nasce il Friendship Project: sarà strutturato in diversi anni, iniziando nel 2015 con il dialogo con la Repubblica Popolare di Cina per proseguire poi con Stati Uniti, Russia e altre grandi nazioni.
I lavori degli artisti vanno, pur nella piena libertà di espressione, proprio in questa direzione, con un percorso comune che sarà evidenziato dalle opere in mostra.
Quando sei venuto a contatto con gli autori cinesi?
Nell’ormai lontano 1993, in occasione del mio primo viaggio in Cina, e da allora ho collaborato con molti di loro, tra i quali ricordo Chen Yfei e Liu Xiao Dong, che ho esposto per la prima volta in Occidente alla Biennale del 1997, dove curavo il Padiglione della Repubblica Popolare di Cina, che per la prima volta era presente a Venezia in forma ufficiale.
Da allora ho continuato la mia frequentazione con gli artisti cinesi, che ho in buona parte contribuito a far conoscere in Occidente. Quello che mi interessava e mi interessa ancora è la freschezza del loro lavoro e la loro grande capacità tecnica, che molti dei nostri artisti ormai trascurano, a favore dell’improvvisazione e del sensazionalismo.
Come interagirà il lavoro di ricerca degli artisti con i visitatori?
La mostra Friendship Proiect credo che sarà una fonte di scoperte per i visitatori che la vedranno, e soprattutto di emozioni, cosa che credo debba essere alla base del prodotto artistico. Sono sicuro che alcune installazioni, come quella di Liu Ruo Wang, non lasceranno indifferenti, così come i lavori di Zhang Hongmei ed Eleonora Mazza non potranno non stupire per la grande qualità sia artistica che narrativa.
Ma tutti gli artisti saranno delle felici scoperte, soprattutto il gruppo dei sanmarinesi, dove ho inaspettatamente trovato artisti veramente talentuosi, come Giovanni Giulianelli, poeticamente evocativo, o Elisa Monaldi, che nei suoi video condensa tutto un mondo di sentimenti crepuscolari, o ancora Frisoni, matericamente astratto con echi da Fautrier a Burri rivisitati in maniera del tutto personale, o Tony Margiotta, esplosivamente coinvolgente nelle sue folli visioni dinamiche.
Come definiresti la Repubblica di San Marino? E come verrà rappresentata?
In fondo San Marino è una realtà poco conosciuta nella sua complessità: quello che è di pubblico dominio è la sua natura economico-bancaria. Io ho scoperto un’articolata vicenda, artistica e culturale, che in questi anni è rimasta un po’ in disparte ma che, a mio avviso, merita di essere riportata in superficie, in quanto può essere il viatico per una collocazione di San Marino tra le realtà turistico-economiche più importanti in Europa, in grado di veicolare, attraverso una pianificazione accorta, nuove economie. Con Friendship Proiect si intende dare nuova visibilità proprio a questo aspetto.
Quale scenario visivo, quale atmosfera culturale ritieni che i lavori di Friendship Project – China assegneranno al Padiglione di San Marino in Biennale?
Io credo che, visitando la mostra del Padiglione di San Marino, non si potrà non percepire lo spirito di fondo che anima i lavori degli artisti, che è quello del senso poetico della vita. A dispetto di ciò che spesso oggi l’arte contemporanea cerca di propinare: un’arte fatta di sesso e morte, pensata per scioccare il pubblico e i media.
Perché avete pensato a una mostra diffusa in più sedi?
San Marino aveva una storica sede ai Giardini della Biennale, sciaguratamente abbandonata, quindi ha dovuto trovare un luogo che fosse adeguato.
Parlaci di questi luoghi.
Innanzitutto spicca l’Ateneo Veneto: per la sua storia, per i suoi contenuti e per la pertinenza, essendo un luogo di scienze, lettere e arti. Lo Spazio Telecom di San Salvador, con le sue corti interne e la sua vocazione tecnologica, è perfetto per ospitare video e installazioni, mentre il nobile Palazzo Rota Ivancich affascina per la sua segreta collocazione, che ne fa uno dei palazzi veneziani ancora incontaminati da ristrutturazioni di stampo pseudo-antico e che, già Padiglione del Messico, trova oggi nuova visibilità attraverso il progetto di San Marino.
Friendship Project – China e All the World’s Future come dialogano?
Credo che la nostra mostra si collochi perfettamente nel solco di quanto suggerito dal direttore della Biennale, che pone – nella domanda che ne dà il titolo – un quesito a cui noi rispondiamo con una speranza: che il futuro del mondo sia quello del dialogo e della cultura.
Potresti esprimere un pensiero o formulare un invito che accompagni al Padiglione di San Marino in Biennale?
Il mio desiderio è che la partecipazione di San Marino a questa Biennale sia centrale e non laterale. Questo è lo sforzo a cui tutti noi abbiamo lavorato, soprattutto per far sì che possa diventare il punto di partenza per riavere un padiglione ufficiale all’interno degli spazi dei Giardini o delle Corderie: credo sia un diritto per questo storico Paese.
Ginevra Bria
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