Yang Zhenzhong vince il Premio Ermanno Casoli, lavorando insieme ai dipendenti di Elica a Shanghai. Lo spazio di lavoro diventa spazio del teatro
La Fondazione Ermanno Casoli, da anni impegnata nella valorizzazione dell’arte contemporanea e del suo rapporto con il mondo dell’impresa, per la prima volta premia un artista internazionale. Si tratta di Yang Zhenzhong, tra le figure più rappresentative della nuova scena cinese, abituato a spaziare tra video, installazione, fotografia, e sempre attento al coinvolgimento del pubblico. […]
La Fondazione Ermanno Casoli, da anni impegnata nella valorizzazione dell’arte contemporanea e del suo rapporto con il mondo dell’impresa, per la prima volta premia un artista internazionale. Si tratta di Yang Zhenzhong, tra le figure più rappresentative della nuova scena cinese, abituato a spaziare tra video, installazione, fotografia, e sempre attento al coinvolgimento del pubblico. Il suo progetto Disguise si è così meritato la vittoria nella XV edizione del Premio Casoli, curato da Marcello Smarrelli: Zhenzhong, in linea col format dell’iniziativa, ha trascorso due mesi in residenza presso lo stabilimento Elica di Shengzhou, tenendo un ciclo di workshop insieme a decine di dipendenti. Ne è nato un progetto espositivo, che sarà inaugurato il prossimo 9 maggio presso lo Show Room di Elica a Sanghai.
“Ho fatto indossare ai dipendenti la maschera realizzata in una prima fase del workshop tramite la scansione dei loro volti, durante il consueto turno lavorativo”, ha raccontato l’ artista. “Nel video si vedono i dipendenti mentre lavorano e, allo stesso tempo, mettono in scena il processo produttivo, esprimendo una sorta di azione performativa e dinamica, nonostante siano sottoposti alle regole dei rispettivi ruoli all’interno dell’azienda”. Un lavoro di gruppo, che ha trasformato la routine del ciclo produttivo in azione teatrale, mentre i gesti sempre uguali, ormai svuotati di senso, trovavano nella metamorfosi scenica la magia di una “danza liberatoria”, di una scrittura nuova: un codice segreto svincolato dalla funzione industriale e dai tempi dell’economia. Lo spazio del lavoro diventa, dunque, spazio del “travestimento” (disguise) e di una liturgia sacra. Inaugurando, oltre la certezza del volto, le infinite possibilità della maschera. Laddove l’abitudine diventa rituale, e dunque trasformazione.
– Helga Marsala
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati