Il gioco degli specchi di Florence Henri. A Parigi
Jeu de Paume, Parigi – fino al 17 maggio 2015. Un vasto panorama della produzione fotografica di Florence Henri. Autoritratti, composizioni astratte, ritratti d’artisti, nudi, fotomontaggi e collage documentano il cipiglio avanguardistico di una figura di rilievo nello scenario europeo.
All’interno del ciclo di esposizioni dedicate ai fotografi donna tra gli Anni Venti e Cinquanta, lo Jeu de Paume, con la curatela di Cristina Zelich, propone una retrospettiva dell’opera fotografica di Florence Henri (New York, 1893 – Compiègne, 1982), figura incisiva e di spicco nel milieu artistico tra le due guerre.
Le 130 stampe vintage ripercorrono la diversità di una produzione eclettica sia per soggetti che per tonalità artistiche. “Con la fotografia, ciò che voglio soprattutto è comporre l’immagine. I volumi, le linee, le ombre e la luce devono obbedire alla mia volontà e dire ciò che voglio loro far dire”: queste le parole dell’artista in pieno fermento produttivo, durante il periodo trascorso nella capitale francese, dal 1924, attorniata da una cerchia di amicizie del tenore di Piet Mondrian, Robert e Sonia Delaunay, Hans Arp, nonché Theo van Doesburg. Di questi e altri – tra cui Kandinsky a Léger – esegue straordinari ritratti fotografici, presenti in mostra.
Florence, contro ogni convinzione morale propria dell’epoca in cui vive, rifiuta energicamente i precetti tradizionali, impregnando il proprio essere di un’educazione cosmopolita e di un’attitudine libertaria. In netto contrasto con l’ideale domestico, decide di vivere una vita d’artista, costruendo una propria identità, e rivolgendosi all’autoritratto e all’ausilio dello specchio che diviene, tra le sue mani, strumento di conoscenza dell’Io all’interno della composizione fotografica. L’esigenza catartica di distinguersi, dando valore alla propria immagine, è pura messa in scena per l’artista, che trova nei connotati simbolici dell’astrazione una chiave di lettura della realtà che non è più rappresentativa, ma manipolazione intellettuale.
Strumenti utilizzati all’uopo sono la moltiplicazione dei punti di vista e delle forme, la frammentazione delle immagini e degli oggetti, il gioco di ombre proiettate, in modo da indurre lo spettatore a interpretazioni incerte e destabilizzanti. Persino i paesaggi sono de-strutturati, ovvero ricostruzioni intellettuali e simboliche di un dialogo silenzioso tra spazio interno ed esterno. La messa in scena, per Florence, è audacia d’intenti e creazione di forme in inediti assemblage. Le manipolazioni di contrasti, in esse, imprimono energia visuale e intellettuale all’opera.
Per László Moholy-Nagy, in una critica sulla produzione fotografica dell’artista all’interno della rivista I10 del 1928, le figure ricostruite da Henri non sono che secondarie se paragonate al fascino e alla maniera con cui si integrano nello spazio manipolato, attraverso il vettore dello specchio, generando inedite esperienze percettive, dando conto dell’aspetto onirico e surrealista delle composizioni stesse.
Lo sconvolgimento spaziale è per l’artista un modo per raccontare il travisabile, attraverso un’intensità dello sguardo su se stessa, prediligendo il fenomeno della riflessione come fonte di sperimentazioni e l’enigmatica astrazione di oggetti archetipi della cultura popolare, come anticipazioni di elementi della fotografia contemporanea.
Claudia Brivio
Parigi // fino al 17 maggio 2015
Florence Henri – Miroir des avant-gardes, 1927-1940
a cura di Cristina Zelich
JEU DE PAUME
1 place de la Concorde
+33 01 47031250
www.jeudepaume.org
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