Chi salverà Roma da questa mostra?
Le caratteristiche del Pesce d’Aprile ci sono tutte, ma purtroppo se ne parlava fin da marzo. Non si sa perché, non si sa per come, alcuni curatori starebbero ottenendo la possibilità di esporre discutibili opere d’arte nelle principali piazze della Città Eterna. Tra conflitti d’interesse e zero attenzione alla qualità. Il tutto sotto l’austero nome di “Biennale di Scultura di Roma”.
C’è un nuovo spauracchio, in questi giorni, che si aggira per la Capitale del Paese. E non è quello dei tagli alla cultura di tremontiana memoria. Lo spauracchio ha un nome tanto altisonante quanto minaccioso, qualcosa che suona come Biennale di Scultura di Roma.
Che succede? Succede che il nuovo assessore Dino Gasperini, in carica da quattro mesi, ha da sempre l’idea di esporre opere pubbliche d’arte contemporanea nelle fascinose piazze del centro. E fin qui va benissimo. Andrebbe benissimo se l’iniziativa non fosse finita nelle mani sbagliatissime di galleristi e organizzatori che starebbero immaginando un percorso artistico tra le aree storiche più belle del mondo all’insegna della mediocrità e del conflitto d’interessi.
Vi sembra normale, per dire, che una gallerista organizzi un evento pubblico dal roboante titolo di “Biennale” invitando i propri artisti a esporre? E vi sembra normale constatare che questi artisti, per lo più, non facciano certo parte della prima – ma neppure della seconda e manco della terza… – fascia quanto a qualità?
La kermesse – che secondo alcuni beninformati dovrebbe svolgersi a giugno 2011 e della quale Artribune è in grado di anticipare lo splendido logo (sic!) – dovrebbe occupare una trentina di spazi pubblici tra i più magniloquenti del pianeta. Dal Colosseo all’Ara Pacis, dal Pincio a Piazza Colonna passando per Piazza Venezia, Piazza di Spagna e il Portico d’Ottavia.
Abbiamo parlato di artisti non proprio di primissimo ordine, ma non vogliamo orientare il giudizio dei lettori e lasciamo a voi l’ultima parola, visto che siamo nelle condizioni di raccontarvi le abbinate piazza-artista, nella speranza e nell’auspicio che il disegno non si palesi mai, pena uno sputtanamento intercontinentale della città di Roma.
A Piazza Venezia, innanzitutto, si darebbe spazio al non-artista Seward Johnson, proprio quello che da ormai troppi mesi sta umiliando con un fantoccio indegno anche del Carnevale di Viareggio la ieratica Piazza Marconi all’Eur: quartiere immaginato come terreno di confronto tra i migliori artisti e architetti dell’epoca e oggi svenduto a un’arte contemporanea che non esiste in nessun museo, in nessuna asta, in nessuna collezione privata degna di questo nome, in nessuna fondazione.
Ma questo è solo un antipasto, perché se le cose andranno avanti potreste trovarvi una imperdibile Mira Maylor al Portico d’Ottavia, tra le meraviglie del Ghetto e il Teatro di Marcello. Potreste incontrare tal Lorenzo Quinn a Piazza di Spagna. Camilla Ancillotto a San Lorenzo in Lucina.
L’ipercommerciale Fernando Botero di fronte alle colonne del Tempio di Adriano in Piazza di Pietra. Mauro Perucchetti di fronte a Palazzo Farnese. Erika Calesini al cospetto del borrominiano Convento dei Filippini alla Chiesa Nuova. Maurizio Orrico di fronte al berniniano elefantino di Piazza della Minerva. E ancora Serkan Dekaia ai Fori Imperiali, così per gradire, e Alba Gonzales in Piazza Colonna, per il gusto dell’affaccio del nostro Pres del Cons che qui ha il suo studio nel noto Palazzo Chigi. Come dite? Manca il Colosseo. Ma che domande, lì sarà il regno del grande (!) Pierluigi Slis: chi non lo conosce e chi non considera la sua carriera adeguata al confronto con il più famoso monumento del pianeta?
Fra i tanti artisti che, diciamo così, dobbiamo ancora imparare ad apprezzare, ve ne sono anche alcuni ben noti come Manzù o de Chirico, ma tutti, noti e non – e questo sicuramente è un caso – sono pressoché legati all’attività della Galleria Ca’ d’Oro (?!), spazio espositivo di Piazza di Spagna diretto da padre e figlia Antonio e Gloria Porcella, quest’ultima più volte candidata per Forza Italia e Pdl a varie elezioni negli anni passati.
Un puro caso che non significa nulla, ma che dovrà ulteriormente consigliare l’assessore alla cultura di Roma, Dino Gasperini, a soppesare con grande cura eventi e manifestazioni cui assegnare patrocini (o finanziamenti). L’arte contemporanea nelle piazze storiche di Roma e di qualsiasi altra città d’arte del Paese è la benvenuta, ma solo quella di qualità. Elevatissima qualità. Che per quanto riguarda gli artisti contemporanei è ravvisabile in maniera molto più semplice di quanto si immagini: controllare in quali accademie italiane e straniere abbiano studiato e si siano formati, verificare in quali collezioni di grandi musei internazionali siano state acquisite le loro opere e in quali centri d’arte pubblici siano state ospitate loro personali, elencare in quali grandi kermesse globali (biennali e dintorni) abbiano partecipato, indagare in quali indiscutibili collezioni private siano presenti i loro lavori e infine valutare la quantità e la qualità delle pubblicazioni a loro dedicate e il livello dei critici che ne hanno scritto.
Se gli artisti selezionati per la Biennale di Scultura di Roma rispondono a tutti questi requisiti, viva la Biennale di Scultura di Roma. Viceversa…
M. T.
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati