“Mia madre” di Nanni Moretti: l’accoglienza internazionale
In Italia ha messo d’accordo quasi tutti, pubblico compreso. Adesso il nuovo film sbarca al Festival di Cannes e ha buone possibilità di tornare a casa con qualche riconoscimento. Ecco pro e contro della stampa internazionale, dalle voci più autorevoli ai siti indipendenti.
DEBORAH YOUNG SULL’HOLLYWOOD REPORTER
“Anche se Mia Madre non è commovente o catartico come La stanza del figlio, (…) che ha vinto la Palma d’Oro a Cannes nel 2001, le due pellicole condividono la toccante intimità di un dramma familiare in tutte le sue tonalità e sfumature. In questo caso non si tratta una tragedia frontale, e i personaggi non vengono esplorati con la stessa profondità. Qui semplicità e maturità della visione sono le virtù, buone ma forse troppo sobrie per attirare grandi attenzioni.”
PETER BRADSHAW SUL THE GUARDIAN
“Mia Madre di Nanni Moretti è caldo, brillante e seducente: il suo miglior film da La stanza del figlio. Moretti torna ai temi autobiografici: cinema, vita, legami familiari e senso di colpa di famiglia, anche se qui in una visione più dolce e più indulgente.
La sequenza esilarante in cui Barry deve guidare una macchina in una scena (…) è una metafora strepitosa sui rischi connessi alla carriera cinematografica.
Mia Madre è un film estremamente intelligente e divertente.”
JAY WEISSBERG SU VARIETY
“L’indagine di Moretti sul lutto senza dubbio colpisce, e Mia madre ha momenti forti, ma non sono sempre ben integrati con le accese scene collettive del film che Margherita sta girando, dove c’è un caricaturale John Turturro (…).
Mentre il culto della madre è tipicamente italiano, la morte invadente di un genitore, che rappresenta l’amore incondizionato, funziona come un grilletto emozionale, e l’approccio di Moretti, dolce e sentimentale, ma non stucchevole, diventa un appello universale.
Alcuni difetti di scrittura rappresentano il vero tallone d’Achille del film: più volte Moretti ed i suoi co-sceneggiatori portano gli spettatori verso un’idea, che non arriva ad uno sviluppo significativo.”
CELLULOID LIBERATION FRONT SU INDIEWIRE
“Il fallimento di Margherita a elaborare il suo dolore si rispecchia in un fallimento di Moretti nel costruire un film coerente in cui lo spettatore può trovare un significato, che cade in una rete vaga di suggerimenti, idee poco definite e narrazione che ruota su stessa. (…) Il film mediocre su cui Margherita sta lavorando finisce per riflettersi sul film altrettanto deludente che Moretti ha girato.”
OLIVER LYTTELTON SU INDIEWIRE
“Solo una manciata di registi hanno vinto la Palma d’Oro due volte e sembra che quest’anno non si verificherà quell’occasione di nuovo. Formalmente va detto che non è il momento migliore del regista: a parte alcune inquadrature interessanti durante la produzione del film di Margherita e alcune immagini suggestive di notte a Roma, il film è più piatto di quanto si poteva sperare. Questo è uno dei motivi per cui il film non raggiunge le altezze di 8 & 1/2 o Effetto notte nella carriera di Moretti, come alcuni vaticinavano. In realtà si tratta di qualcosa di completamente diverso.”
STEVE POND SU THE WRAP – COVERING HOLLYWOOD
“A Cannes aleggiavano probabilità di una seconda vittoria di Moretti prima della proiezione stampa di Mia Madre. Anche se può risultare troppo leggero per vincere il primo premio, il film non si sottrae mai a un certo godimento, ed è spesso molto commovente il modo in cui sfuma i confini tra il dramma personale e la commedia dello showbiz.”
LEE MARSHALL SU SCREEN INTERNATIONAL
“La superficie relativamente tranquilla, i piccoli attimi d’ilarità, i momenti di toccante melodramma quasi sirkiano, soprattutto la capacità di prendere in giro temi rilevanti della società in scene o dialoghi apparentemente insignificanti, fanno di Mia Madre un film che è maggiore della somma delle sue parti. E’ uno dei film meno appariscenti del regista romano, ma anche uno di quelli che si erge con maggior successo al di sopra dei suoi tic personali e dei suoi manierismi per raggiungere una sorta di pathos universale. Il film di Moretti prende un piacere perverso nell’ordinarietà, soffermandosi su banali dettagli. (…) Ma sotto la superficie c’è molto di più. Per esempio il meraviglioso, intimo intreccio tra la morte di una donna e il lamento per la perdita della cultura che ha rappresentato (domanda petulante di Livia “a che serve il latino?”) ( …)
C’è anche un tocco sentimentale nel tono elegiaco della colonna sonora (brani emotivi come quelli di Arvo Pärt), nella luce acquosa e nei colori slavati dell’ospedale: un mondo fluttuante perfettamente catturato dal direttore della fotografia Arnaldo Catinari.
Tra i più delicati film di Moretti, Mia madre lascia le libere associazioni al pubblico: quelli che si annoiano con la sua superficie a volte grigia (rappresentata nei paesaggi urbani ovunque di una Roma di periferia che è a milioni di distanza dalla decadenza gloriosa della Grande Bellezza di Sorrentino) potrebbero rifiutarsi di fare questo sforzo. Peggio per loro.”
Federica Polidoro
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