Dalla parte delle donne. Industria Indipendente e Le Ragazze del Porno

Il femminismo non è morto, si è semplicemente evoluto. È questo l’assunto a partire dal quale lavorano Erika Z. Galli e Martina Ruggeri, ovvero il collettivo Industria Indipendente. Che dal 2014 fa parte del gruppo di registe riunito intorno al nome Le Ragazze del Porno. Ecco cosa ci hanno raccontato.

Classi 1983 e 1986, Erika Z. Galli e Martina Ruggeri, dal 2005 alimentano artisticamente il collettivo Industria Indipendente, dedito alle arti visive, figurative, performative e teatrali. Vincitrici del Premio Celeste Brancato nel 2010 come autrici e registe, hanno all’attivo diverse personali e collettive, tra cui O.S.I. – Occupare Spazi Interni e il festival Live Performance meeting. Nel 2009 hanno realizzato lo spettacolo Requiem for Moana, seguito da una ricerca teatrale che nel tempo ha ottenuto ottime critiche: su tutti l’acclamato È Tutta Colpa Delle Madri al Teatro Valle di Roma nel gennaio 2014. Il 2014 è anche l’anno in cui hanno iniziato a collaborare con il collettivo di registe Le Ragazze del Porno.
Di questo, di arte e di sessualità ci hanno parlato queste donne attive socio-politicamente, che indagano un futuro meno sessista, meno ipocrita e privo di preconcetti e pregiudizi. Perché il femminismo non è morto, si è solo evoluto.

Chi e cos’è Industria Indipendente?
Industria Indipendente è una coppia artistica. Abbiamo iniziato a collaborare a un pensiero condiviso da quando avevamo 18 e 21 anni (ora ne abbiamo dieci di più) provando inizialmente alcune forme d’arte per poi arrivare al teatro e al video come strumenti con i quali esprimerci.
Industria indipendente negli anni è cresciuta e, insieme a noi, attori, attrici e artisti condividono una strada basata su un codice e un’etica del lavoro che vuole proporre domande e questioni al pubblico e anche se stessi.

Da dove nasce l’adesione al progetto Le Ragazze del Porno? E come descrivereste questa nuova impresa di sole donne su una tematica ritenuta ad appannaggio maschile?
L’adesione nasce dall’incontro con Regina Orioli, con cui stavamo lavorando allo spettacolo È tutta colpa delle madri, che faceva già parte del progetto. Siamo state entusiaste e felici di collaborare con registe e artiste di grande esperienza e diverse una dall’altra.
Descriveremmo quest’unione come un gesto necessario e politico: cercare di portare un nuovo sguardo sulla questione del piacere sessuale, che non può e non deve essere solo ad appannaggio maschile.

Le Ragazze del Porno, Insight – fotografie sul set – photo Claudia Pajewski

Le Ragazze del Porno, Insight – fotografie sul set – photo Claudia Pajewski

Annie Sprinkle è stata l’antesignana del dibattito su una pornografia femminista. Questa connotazione socio-politica è permeata anche nel vostro progetto?
Assolutamente. Diverse sono le analogie con il suo pensiero, a partire dalla sua idea di porno, inteso come vero e proprio strumento dell’emancipazione femminile, alla volontà di realizzare un prodotto godibile da tutti, uomini e donne, e quindi una connessione profonda tra le due parti coinvolte. La comunicazione deve essere alla base del pensiero e deve riguardare soprattutto la relazione tra lo spettatore e l’opera, una relazione sincera e profonda, che deve aprirsi a un pubblico ampio, senza cesure di sorta.
Il pensiero nato da Annie Sprinkle è stato un vero e proprio baluardo dell’attivismo femminile: attraverso il suo lavoro e la sua ricerca si è creato un movimento che ha dato la possibilità alle donne di agire attivamente nella produzione e nelle scelte artistiche di un genere cinematografico così strettamente legato e manipolato dagli uomini, portando avanti al contempo messaggi sociali legati alla lotta contro lo stupro, allo sfruttamento sessuale e all’abuso verso le donne. Dobbiamo ispirarci fortemente a questo.

È possibile proporre una pornografia fatta da donne e destinata a un mercato femminile, in un Paese in cui la masturbazione per alcune donne rappresenta ancora un tabù?
È necessario. Questo Paese si nutre ancora oggi di tabù fortissimi legati anzitutto alla mancanza di conoscenza di se stessi e di quello che significa provare piacere. Il sesso ha a che fare con la parte più profonda di noi stessi e proporre una pornografia al femminile, e non necessariamente destinata solo a un pubblico femminile, potrebbe cominciare a far notare come la sessualità sia qualcosa da dover necessariamente conoscere e sperimentare.
Nell’antica Grecia le donne erano persino obbligate a conoscere loro stesse e le loro compagne prima di avere rapporti con l’altro sesso. Questo ci fa pensare a come la morale cattolica, di cui anche chi si ritiene ateo è imbevuto fino al midollo, ci abbia fuorviato e allontanato da qualcosa che ha a che fare con la nostra essenza primigenia e che deve ricordarci che siamo principalmente fatti di carne e piacere, il che è molto più profondo. “Masturbatevi!”, diremmo intanto a tutte le donne, “Sempre, anche quando avete un rapporto stabile, fa bene a noi e agli altri”. Smettere sarebbe come smettere di lavarsi i denti.

Le Ragazze del Porno, Insight – fotografie sul set – photo Claudia Pajewski

Le Ragazze del Porno, Insight – fotografie sul set – photo Claudia Pajewski

In Svezia i Dirty Diaries di Mia Engberg hanno trovato un finanziamento statale. In Italia, per l’anomalia culturale che ci contraddistingue, si ricorre al crowdfunding un po’ per tutto. Considerando anche l’evento romano e milanese di Art For Porn, qual è stata la risposta del pubblico e quanta solidarietà avete incontrato?
La risposta del pubblico è stata molto positiva sia a Roma che a Milano: moltissimi uomini e donne di tutte le età sono venuti per incontrare noi, alcuni per curiosità, altri per sostenerci, per non parlare dei numerosissimi artisti di fama internazionale e non, che hanno donato le loro opere. Per fare un bilancio, sono stati raccolti più fondi a Roma che a Milano, nonostante a Milano ci fosse un pubblico calorosissimo.
Le donazioni continuano sul nostro sito, perché abbiamo bisogno ancora di fondi non avendo appunto, come la fortunata Svezia, finanziamenti statali o produttori pronti a sostenerci, lasciandoci libere di esprimerci: il primo corto, quello di Lidia Ravviso, è stato prodotto e girato e siamo pronte al secondo, che sarà Queer Kong di Monica Stambrini.

Pensate che l’arte sia più libera di esprimersi riguardo alla pornografia? C’è differenza?
L’arte è un canale ampio e sconfinato all’interno del quale la pornografia può coabitare insieme con altre forme espressive, senza però destare particolare scandalo, anzi, trasfigurando il genere e la parola stessa “pornografia” in un prodotto all’altezza di essere osservato, analizzato e compreso.
Tante sono le opere di artisti che vanno dagli Anni Sessanta a oggi che manifestano immagini, video, e si esprimono attraverso azioni performative che richiamano fortemente il genere porno. La parentesi cinematografica non gode di così ampi consensi. Purtroppo. Paradossalmente nell’arte è tutto concesso, mentre nel cinema la censura è molto più forte. La libertà è piuttosto limitata rispetto ai canali di fruizione possibili, come se il sesso fosse ancora una macchia da nascondere.

Le Ragazze del Porno, Insight – fotografie sul set – photo Claudia Pajewski

Le Ragazze del Porno, Insight – fotografie sul set – photo Claudia Pajewski

A vostro avviso l’emancipazione dell’avanguardia femminista dal patriarcato artistico rappresenta solo un vecchio cliché?
Assolutamente no. L’arte e i vertici dell’arte sono ancora impregnati di maschilismo e machismo. Certo, ora le donne hanno maggiore sicurezza e stanno imparando a gridare e a sputare meglio degli uomini – se dovessimo esprimerci nel peggiore dei modi. Lottiamo da quarant’anni, ma abbiamo ancora molto da fare. Dobbiamo armarci ancora ferocemente.

Kim Gordon recentemente ha dichiarato: “Madonna cavalcava un’onda culturale che ha finito per costruire un panorama dove il porno è dappertutto. Ma il porno è una fantasia maschile del mondo. Non posso che chiedermi se questo non ci riporti indietro, come in un cerchio”. Cosa condividete e/o da cosa dissentite?
Condividiamo quello che dice Kim Gordon su questo tipo di pornografia. La domanda principale è: cosa intendiamo per porno? Cosa è osceno? Cosa non potrebbe essere guardato fino al punto da rendere desiderabile ed eccitante immaginarne la visione? La nostra cultura non ha quasi più niente di osceno perché è fortemente legata all’immagine. Siamo bombardati da immagini. La televisione, la cultura pop, la cultura musicale, la letteratura, l’arte, sono tutte abitate da una visione maschile della sessualità, una vasta, vastissima landa dove tante realtà diverse sono unite da un’unica grande strada.
E ancora c’è chi storce il naso quando sente parlare del nostro progetto, ancora c’è chi dice che è una questione passata, che non ce n’è bisogno. Questo perché forse si pensa ancora che le donne debbano occuparsi d’altro. Fino a quando si farà finta di non conoscere e riconoscere la sessualità e il sesso non si farà altro che fare dei passi indietro, fino a quando la libertà sessuale ci verrà negata e noi continueremo a negarcela, faremo dei passi indietro.

Il vostro corto che titolo avrà e quale aspetto del desiderio femminile andrà a indagare?
Il nostro corto si intitola Più di ogni altra cosa al mondo vorrei: sarà uno sguardo, uno solo, di una delle tante donne che siamo e che incontriamo ogni giorno.

Rossella Della Vecchia

www.leragazzedelporno.org

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Rossella Della Vecchia

Rossella Della Vecchia

Rossella Della Vecchia, classe 1986, è specializzata con lode in Storia dell'Arte Contemporanea (cattedra di Carla Subrizi, La Sapienza) con la tesi “Trouble Every Day: Tous Cannibales, la voracità da tabù ad arte, dall’arte alla società”. Da sempre interessata all’arte…

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